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Musica

Lucio Battisti, 25 anni senza un cantautore eternamente innovativo

09.09.2023

Un cantautore alternativo che non scompare mai, tenta e ritenta di rivolgersi alla società in crescita, per liberarla dalle sue contraddizioni. Proiettato naturalmente verso la contemporaneità, Lucio Battisti continua a rivivere con le sue canzoni, tanto da spingere la stessa Generazione Z a riallacciare un filo diretto con il passato attraverso brani che ancora godono d’un’attualità stringente, come fossero stati appena scritti.

Alla domanda radente su chi ha traghettato la musica italiana sulle sponde della modernità la risposta non può che essere unica ed inappellabile: Lucio Battisti. In quella composizione alchemica di rarefazione poetica, con nuances di raffinatezza, abbinata a gusto argutamente popolare, sotto quella chioma riccioluta si celava la mente aritmetica di un saltimbanco del pentagramma assiso nell’empireo della cultura sonora di intere generazioni.

Lui schivo, al limite della scontrosità intimidita (mai intimidente), lui, protesi della provincia appartata ed ombrosa (Poggio Bustone nel reatino) nel meccanismo divorante della discografia italica sempre alla ricerca di inventarsi un fenomeno, pena l’oblio, dopo lo smarrimento di una gavetta conflittuale in un panorama ostico (se non ostile), il progressivo consenso di un approccio alternativo e di un repertorio diverso, era stato il prodromo di un’estasi artistica veicolata da cifre rabbrividenti per sequela di record.

All’epoca dei mangiadischi e delle autoradio, per la generazione degli anni ‘60 e ‘70 era diventato una guida spirituale capace di incarnare emozioni ed aspettative, nei rivolgimenti di una società in crescita, ma preda ancora di contraddizioni ancestrali, e di tabù sessuali ancora condizionanti. Con in più quella stranissima capacità di proiezione verso la contemporaneità, tanto che la stessa Generazione Z grazie a Spotify e il digital music service ha riallacciato un filo diretto con il passato, e nel riascoltare i suoi brani continua a coglierne l’originalità e la freschezza primigenia.

Il mio canto libero tra il ’72 e il ’73 (23 settimane al primo posto nelle hit), Una donna per amico 600.000copie acquistate, brani sempreverdi, godono d’un’attualità stringente, come fossero stati appena scritti, a fronte di record portentosi: 135 settimane in vetta alla hit parade dei 33 giri, 25 milioni di pezzi venduti tra singoli, album, raccolte, permanenza monstre in classifica di singoli (75 mesi) e di album (112 mesi).

Fa specie pensare che la figura sfuggente di Battisti, votata per contrappasso (voluto) all’autoreclusione e alla negazione della propria immagine in tv, oltre ai margini residuali dedicati alla sua produzione bersagliata da critiche pungenti da parte di critici autorevoli (o presunti tali) delle due più importanti testate giornalistiche nazionali di allora, fino all’ estremizzazione di «negazione della parola in favore di qualcosa che è un impasto di voce e musica», tutt’insieme, poi, quando l’onda d’urto del consenso travolge ogni reticenza e ribalta qualsiasi critica malevola, si siano trasformate in osanna e lodi sperticate.

Ma si sa, l’atteggiamento nostrano predilige il dileggio iniziale, per lasciare poi spazio alla beatificazione.Totò, Cutugno e tanti altri docent. La presenza in catalogo di un’artista prestigioso come Lucio Battisti, fautore di lavori fortemente innovativi, sul limitare degli anni ’80, si scontra con la logica produttiva di massa televisiva, sonora e non. L’immagine in primis. Così, Lucio decide progressivamente di defilarsi, sparire, fiutando come incombente il rischio della serializzazione della propria icona con relativa strumentalizzazione commerciale e consumistica, per dedicarsi a uno straniamento dall’orecchiabilità musicale e a un pathos della voce, sempre più sfumati.

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