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Cronaca, Sport

L’ultimo assalto

25.06.2024

Gianluigi Donnarumma che festeggia il gol degli azzurri in Germania durante il Campionato europeo di calcio 2024.

Voglia d’identità e coraggio della disperazione. Con questo spirito gli azzurri vanno a ritrovarsi e fare i conti con gli elvetici. Riuscirà mai la squadra di Spalletti a non contare sui miracoli di Donnarumma? Oppure andrà avanti a scommettere su ultimi assalti pieni di brivido?

Non c’è squadra al mondo che non vorrebbe cambiare il risultato a proprio favore nella cosiddetta “zona Cesarini”. Un modo di dire coniato nel secolo scorso, il 13 dicembre 1931, allorquando l’oriundo Renato Cesarini con la maglia della Nazionale segnò al 90’ il gol del successo (3-2) sull’Ungheria allo stadio Filadelfia di Torino. Nel frattempo, il 90’ si è gonfiato con tempi di recupero lunghi che possono rovesciare le sorti della partita.

Gli otto minuti, sacrosanti non v’è da dire, concessi dall’eccellente arbitro olandese Makkelie nel finale di Croazia-Italia, hanno scritto una pagina diversa da quella che stava maturando in un campionato europeo finora poco esaltante sotto l’aspetto tecnico e qualitativo per i colori azzurri. L’Italia di Luciano Spalletti è approdata agli ottavi (dove ad attenderla c’è la Svizzera che ci ha negato la partecipazione all’ultimo Mondiale) per il rotto della cuffia ed è ancora alla ricerca di una precisa identità. Non è squadra formata da top player (ma questo lo si sapeva), appare più lenta al cospetto di avversari che, esclusa la Spagna dagli indiscussi valori tecnici individuali, si sono dimostrati più veloci nell’aggredire il pallone, e in generale cerca scarsamente la profondità lasciandosi andare a un macchinoso possesso palla. Dopo avere congelato l’unica vittoria del girone nel primo quarto d’ora del match con l’Albania, fatto da comparsa al cospetto delle Furie Rosse e benedetto la statura tecnica di Gigi Donnarumma, che ha evitato il possibile “cappotto”, la Nazionale di Spalletti ha cambiato modulo, scegliendo di giocare con tre difensori nell’affrontare i veterani croati, per ritrovarsi appesa al filo della speranza dopo avere subito gol da un sempiterno Modric (38 anni e 9 mesi all’anagrafe), un minuto dopo che il nostro portierone gli aveva neutralizzato un calcio di rigore.

L’assalto alla rocca croata, condotto con il coraggio della disperazione, ha avuto il suo apice quando il Ct ha schierato un poker di attaccanti, due centrali e due esterni. E la chiave risolutiva è arrivata a 7 secondi dal gong, quando Calafiori, difensore centrale, ha effettuato (finalmente) una percussione tra i ranghi assiepati, richiamando a sé le maglie avversarie a scacchi e intuendo, grazie anche al movimento distrattivo di Scamacca, lo spazio rimasto libero a Zaccagni, miracolosamente bravo a emulare il suo idolo Alex Del Piero, che in modo simile segnò in semifinale alla Germania nel Mondiale 2006. Non è la prima volta che all’Italia va bene in una fase a gironi non esaltante. Accadde nel mondiale messicano nel 1970 e in quello vinto del 1982. Vincemmo l’Europeo 1968 riacciuffando la Jugoslavia a 10’ dal termine prima di imporci nella ripetizione della finale. E trent’anni or sono, a Usa ’94, un certo Roberto Baggio evitò la capitolazione con la Nigeria agli ottavi riportando l’Italia sul pareggio all’89’ per poi ribaltare il risultato nei supplementari e incamminarsi verso la finale persa ai rigori con il Brasile. Lo stellone italico è fatto così, ma i corsi e ricorsi storici non aiutano a vincere e giocare bene. L’autocritica, sempre molto sostenuta, di Luciano Spalletti che non vede in campo il giusto atteggiamento la dice lunga su quanto la Nazionale deve lavorare per trovare equilibrio e dinamismo per portare palla in campo

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