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Maggioranza divisa boccia terzo mandato, Lega: non è finita qui

22.02.2024

Ciriani: meglio se avessero ritirato. Pd vota no, Bonaccini protesta

Roma, 22 feb. (askanews) – Uniti sul palco elettorale di Cagliari, divisi in Parlamento: la maggioranza si spacca sull’emendamento della Lega al decreto elezioni e il terzo mandato dei governatori di Regione viene sonoramente bocciato in commissione Affari Costituzionali in Senato col voto contrario di Fdi, Fi, Pd, M5s e Avs. Non ci saranno ripercussioni sul governo, dicono tutti gli esponenti di centrodestra anche se il Carroccio chiarisce immediatamente che “la partita non è chiusa” e la questione verrà riproposta in futuro. La stessa premier Giorgia Meloni osserva che “il terzo mandato non era nel programma, non è una materia di iniziativa di governo”, quindi, “ci sono state visioni diverse ma ne abbiamo discusso in massima serenità”. La questione, insomma, ribadisce Meloni, “non crea problemi al governo e alla maggioranza”.

Fibrillazioni anche in casa dem. Il no al terzo mandato viene accolto con “disappunto” dalla minoranza che fa riferimento al presidente della Regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini.

La giornata inizia con una parziale marcia indietro della Lega che annuncia il ritiro dell’emendamento sul terzo mandato per i sindaci delle grandi città: sia il relatore Alberto Balboni (Fdi) che il governo hanno dato parere contrario. Va bene insistere su una battaglia ma non al punto di andare contro alla posizione dell’esecutivo. Sulla ricandidatura dei governatori di regione, invece, il governo, come annunciato nei giorni scorsi, decide di non esprimersi (“Si rimette alla Commissione”, è la formula magica), quindi il Carroccio sceglie di andare fino in fondo. Incontro a una bocciatura annunciata. Più sonora del previsto (16 no, 4 sì, un astenuto) perché al no degli alleati si aggiungono quelli – annunciati – di Avs e M5s – ma anche del Pd che, visto il dibattito al suo interno, fino a ieri aveva valutato il non voto. Ai tre sì della Lega si somma solo quello della senatrice di Italia Viva Dafne Musolino (l’appello dei renziani alle opposizioni per fare un fronte compatto e mandare sotto la maggioranza cade nel vuoto). Azione non partecipa, Meinhard Durnwalder delle Autonomie si astiene.

“Ci riproveremo: per noi la partita non è chiusa. Il governo ha lasciato libertà di voto correttamente, non c’è frattura né ripercussione sulle attività di governo, riproporremo il tema in futuro in altri provvedimenti”, annuncia il senatore veneto della Lega Paolo Tosato, vicepresidente della commissione Affari costituzionali. Per il leader della Lega, Matteo Salvini, dire no al terzo mandato “è un errore perché trovare un buon sindaco e un buon governatore di questi tempi non è facilissimo, quindi se te lo trovi buono i cittadini, se lo vogliono eleggere, hanno il diritto di farlo”.

Fdi e Fi minimizzano. Maurizio Gasparri, dopo aver preso parte al voto, ribadisce che “non ha creato nessuna lacerazione nella maggioranza. Non c’è alcuna conseguenza di natura politica. Alcuni hanno enfatizzato sui mezzi di comunicazione questo tema che, invece, forse non meritava tutto questo spazio. Non ci sono state sorprese, né fibrillazioni”. Tuttavia, che la Lega avrebbe potuto evitare di arrivare fino a questo punto, non lo nasconde il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani: “Non posso che ribadire che sarebbe stato meglio ritirare l’emendamento, perché il tema è molto complesso, molto difficile, secondo noi meritava un contesto più ordinato in cui fare questa discussione. Il testo unico sugli enti locali o comunque un disegno di legge per consentire un approfondimento”.

Ora diventa più complicato: “Il Parlamento può sempre decidere di riaprire la discussione, certo, ma il dato politico che abbiamo registrato in commissione è piuttosto netto”, osserva Ciriani. Possibilista la sottosegretaria all’Interno Wanda Ferro (Fdi): “Ognuno di noi ha opinioni differenziate che si potranno ridiscutere nel testo unico degli enti locali per il quale stiamo lavorando e la tabella di marcia è veloce”.

Le opposizioni sottolineano la spaccatura della maggioranza. “Ieri abbiamo visto Meloni, Salvini e Tajani affiancati sul palco e oggi si spaccano sul terzo mandato. E fanno bene da tutto il giorno a chiedersi se ci saranno ripercussioni sulla tenuta del governo. Loro lo smentiscono ma il fatto che se lo chiedano fa capire che hanno un bel problema con le loro divisioni”, commenta la segretaria Pd Elly Schlein che tace invece sul fronte aperto all’interno del partito sulla questione terzo mandato. Il voto contrario dei senatori democratici in commissione, infatti, non è andato giù alla minoranza del governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini che fa trapelare “profondo disappunto”. Secondo la sua area “Energia Popolare” il voto dei senatori che ha contribuito alla bocciatura dell’emendamento del Carroccio al decreto elezioni “ha disatteso l’accordo unanime raggiunto in Direzione lunedì”, infrangendo l’unanimità raggiunta sulla decisione di creare un tavolo sugli enti locali per discutere della questione, riferisce la stessa fonte aggiungendo che “dopo il voto di domenica in Sardegna bisognerà parlarne”.

Protesta anche l’Anci con il presidente Antonio Decaro. Nel mirino “la partita sul terzo mandato per tutti i Comuni” che, promette, “non si chiude qui perché l’Anci non lascerà cadere questa battaglia, che abbiamo condotto sempre in maniera unitaria. Riteniamo che ci siano le condizioni per sollevare una questione di legittimità costituzionale delle norme attuali e chiederemo ai Consigli delle autonomie locali di proporre alle proprie Regioni impugnativa alla Corte costituzionale”. Per il presidente dell’Anci, “la permanenza del limite solo sopra la soglia dei 15mila abitanti è irragionevole e crea situazioni insostenibili, come quelle di Comuni di popolazione quasi identica, magari distanti pochi chilometri uno dall’altro, i cui elettori non avranno però lo stesso diritto di confermare o meno il proprio sindaco”.

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