29 Aprile 2025
/ 29.04.2025

Meglio tardi che mai, dopo 30 anni di attesa è nato il Parco nazionale del Matese 

L’idea di istituire il Parco nazionale del Matese era nata nei primi anni '90. Secondo Legambiente il ritardo è costato oltre 30 milioni di euro di investimenti pubblici

Dopo decenni di attesa, il Parco nazionale del Matese è finalmente realtà. Con la firma del decreto da parte del ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, l’Italia realizza il suo 25° parco nazionale: 87.898 ettari di natura protetta a cavallo tra Campania e Molise, un tesoro di biodiversità che include vette, laghi glaciali, faggete vetuste e praterie d’alta quota. Una conquista importante, certo. Ma dietro i toni trionfalistici delle istituzioni resta un retrogusto amaro: quello di trent’anni di ritardi pagati a caro prezzo.

Un’attesa lunga e costosa

L’idea di istituire il parco nazionale era nata nei primi anni ’90, in parallelo con la creazione del Parco Regionale del Matese. E dal 2017, quando la legge di bilancio ne ha sancito formalmente l’istituzione, sono passati altri otto anni tra rinvii, resistenze politiche e un iter amministrativo impantanato. Solo l’intervento del Tar del Lazio, nell’ottobre 2024, ha sbloccato il processo, costringendo le Regioni Campania e Molise a superare una lunga stagione di incertezze.

Secondo Legambiente, a causa di questi ritardi il territorio ha perso oltre 30 milioni di euro di investimenti pubblici: fondi ordinari destinati ai nuovi parchi nazionali, finanziamenti da progetti ministeriali come “Parchi per il Clima” e risorse per lo sviluppo sostenibile locale. Soldi che avrebbero potuto innescare una crescita basata su turismo responsabile, tutela ambientale, rilancio delle aree interne. Invece, mentre altrove si costruivano percorsi di sviluppo green, il Matese restava fermo al palo.

Una biodiversità che rischiava l’abbandono

Il ritardo istituzionale ha messo a rischio un ecosistema di straordinaria importanza. Il massiccio del Matese ospita specie rare come il lupo appenninico, l’aquila reale, il capriolo reintrodotto e una straordinaria varietà di flora e fauna. Senza una gestione strutturata, il territorio è rimasto esposto all’abusivismo edilizio, alla pressione antropica e a una desertificazione economica che ha spopolato borghi e vallate. Oggi, con il decreto finalmente operativo, il Parco potrà contare su una perimetrazione chiara, misure di salvaguardia e una governance si spera efficiente. 

Il Matese non è soltanto un santuario naturale. È anche un crocevia di storia, cultura e identità: borghi medievali, castelli, tradizioni contadine e artigianali raccontano un equilibrio millenario tra uomo e ambiente. Valorizzare tutto questo significa puntare su un turismo lento e sostenibile, capace di creare occupazione e arginare l’emorragia demografica.

Oggi, il Parco del Matese rappresenta una seconda possibilità. Dopo anni di errori e ritardi, la sfida è far sì che questa conquista non resti confinata alle pagine dei decreti, ma diventi un progetto vivo, capace di rigenerare un territorio tra i più belli e vulnerabili del Paese.

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