È un dibattito ormai acceso quello sulla lotta al cambiamento climatico. E, quando se ne parla, raramente il genere è al centro del tema. Eppure, secondo un recente studio condotto in Francia, uomini e donne contribuiscono in modo differente alle emissioni di gas serra. Le cause? Risiedono in due comportamenti quotidiani: l’uso dell’automobile e il consumo di carne rossa.
In particolare, analizzando i dati di 15mila persone, i ricercatori hanno rilevato che gli uomini emettono in meda il 26% in più di CO2 rispetto alle donne, considerando esclusivamente trasporti e alimentazione. E anche tenendo conto di variabili socioeconomiche, come per esempio reddito e istruzione, il divario resta marcato: scende al 18%, ma non scompare.
Comportamenti che, come osservano gli autori dello studio, non sono solo una questione di bisogni o comodità, ma rappresentano pratiche simboliche che si intrecciano con l’identità maschile. Da tempo, la letteratura sociologica sottolinea infatti il legame tra mascolinità e consumo di carne, così come quello tra virilità e automobili. Un’associazione, questa, che è molto radicata, tanto che alcuni studi hanno mostrato che gli uomini che si sentono minacciati nella propria identità di genere aumentano la propensione ad acquistare suv o a scegliere cibi carnei più “maschili”.
Carne rossa e trasporti: un impatto sproporzionato
Nel dettaglio, il divario di genere nelle emissioni alimentari è fortemente influenzato dalla carne rossa, che rappresenta, da sola, il 13% delle emissioni medie del settore alimentare, ma arriva a spiegare fino al 70% del divario di genere quando si tengono in considerazione anche le differenze caloriche e socioeconomiche.
Per quel che riguarda i trasporti, la questione è più marcata: l’automobile è responsabile dell’84% delle emissioni medie da trasporto e, una volta controllate le variabili economiche e logistiche, spiega fino al 100% del divario di genere nelle emissioni da mobilità. Insomma, secondo lo studio gli uomini non solo percorrono più chilometri, ma lo fanno anche con auto più inquinanti, spesso viaggiando da soli, con una minore occupazione dei veicoli rispetto alle donne.
In questo senso, un dato curioso riguarda i voli aerei, dove invece non si riscontrano differenze significative, anche se spesso sono considerati tra i principali colpevoli dell’inquinamento individuale.
Una questione culturale?
Ma perché l’auto e la carne rossa sono così legate all’identità maschile? I ricercatori citano studi che mostrano come la virilità “tradizionale” sia spesso associata all’idea di forza, dominio e indipendenza. Tutte qualità che simbolicamente sono spesso attribuite sia alla guida individuale che al consumo di carne.
E non è un caso che chi promuove uno stile di vita più ecologico venga talvolta deriso con epiteti come “soy boy”, un termine dispregiativo utilizzato spesso in ambienti di estrema destra per sminuire gli uomini che scelgono diete vegane o comportamenti sostenibili, ritenuti “femminili” o “deboli”.
Secondo gli studiosi, dunque, si tratta di una resistenza culturale che può spiegare perché gli uomini, in media, mostrano una minore preoccupazione per la crisi climatica, mentre le donne, al contrario, sono spesso più inclini a modificare le proprie abitudini in nome della sostenibilità, anche quando ciò comporta dei sacrifici personali.
Un impatto concreto sulla politica climatica
Secondo gli studiosi, se tutti gli uomini adulti francesi adottassero la stessa intensità carbonica delle donne nei settori alimentare e dei trasporti, si otterrebbe una riduzione di 13,4 milioni di tonnellate di CO2, pari a tre volte le riduzioni annuali previste per i due settori nei piani climatici nazionali al 2030.
Una stima, questa, che mostra quando la dimensione di genere sia ancora troppo sottovalutata nelle politiche ambientali, con l’attenzione che fino ad ora si è concentrata soprattutto sulle disuguaglianze economiche. Ed è una stima che ci ricorda anche che comprendere come le abitudini legate al genere influenzano le emissioni è cruciale per una transizione ecologica equa ed efficace. Perché, in fondo, cambiare le abitudini non è solo una questione di CO2, ma anche di identità, cultura e giustizia sociale. E se vogliamo affrontare la crisi climatica, dovremo imparare a mettere in discussione anche ciò che ci appare più “naturale”: una bistecca al sangue o il piacere di guidare da soli verso l’orizzonte.