23 Febbraio 2025
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Ambiente, Moda

Moda assetata: un guardaroba consuma più acqua di una piscina

17.02.2025

Fast fashion

Un guardaroba medio di abiti richiede una quantità d’acqua impressionante per essere prodotto: ne consuma più di una piscina. In Italia, l’impronta idrica pro capite della moda raggiunge i 724.000 litri, superata solo dal Portogallo – per quanto riguarda l’Europa – con 817.000 litri. È quanto emerge da uno studio condotto da Epson, in collaborazione con Green Story e Censuswide, presentato in occasione della Settimana della Moda di Madrid.

Meglio dell’Italia in Europa, per consumo d’acqua nel settore tessile, fanno Polonia (715.000 litri), Spagna (679.000), Paesi Bassi (641.000), Regno Unito (634.000) e Francia (603.000). Eppure, il 72% delle persone non si è mai interrogato sull’impatto ambientale della produzione e della tintura dei tessuti, e solo il 41% ha familiarità con il concetto di impronta idrica.

Il settore tessile è tra i principali responsabili del consumo d’acqua nel mondo, con i jeans in testa alla classifica dei capi idricamente più esigenti (per realizzarne un solo paio servono 18.000 litri d’acqua), seguiti dai pullover con 14.000 litri. Complessivamente, l’industria della moda è responsabile del 20% delle acque reflue industriali a livello globale.

Il consumo d’acqua nella moda non si limita alla produzione delle fibre tessili, ma coinvolge ogni fase del ciclo di vita di un capo. Dalla tintura allo smaltimento, passando per i lavaggi domestici, ogni indumento lascia una rilevante impronta idrica. Il cotone è tra le colture più assetate: per produrne 1 kg servono fino a 10.000 litri d’acqua, mentre una singola t-shirt di questo materiale può richiedere oltre 2.700 litri, l’equivalente di ciò che una persona beve in due anni e mezzo. La tintura dei tessuti, invece, è tra i processi più inquinanti: le sostanze chimiche impiegate spesso finiscono in mare e nei fiumi senza adeguati trattamenti. Infine, bisogna menzionare la questione dei lavaggi e delle microplastiche: ogni volta che si lavano capi sintetici, si rilasciano fino a 700.000 microfibre di plastica nelle acque reflue, molte delle quali raggiungono anche le catene alimentari.

Ma come ridurre l’impatto idrico della moda?
1. Scegliere brand sostenibili: sempre più marchi adottano processi di tintura a basso consumo d’acqua e materiali riciclati.
2. Acquistare meno, acquistare meglio: ridurre la fast fashion e optare per capi di qualità allunga il ciclo di vita dei vestiti e ne limita la produzione.
3. Lavare con consapevolezza: preferire lavaggi a freddo e utilizzare sacchetti filtranti per ridurre la dispersione di microplastiche.
4. Valorizzare l’usato: comprare capi di seconda mano e donare quelli non più utilizzati diminuisce la necessità di nuove produzioni.
5. Favorire fibre meno idro-intensive: il cotone biologico, il lino e le fibre sintetiche riciclate consumano meno acqua rispetto ai materiali tradizionali.

Mentre nella capitale spagnola si accendono le passerelle, i numeri ricordano che l’eleganza ha un prezzo nascosto: un conto ambientale che non può più essere ignorato.

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