13 Giugno 2025
/ 12.06.2025

Musei più puliti grazie a foglie e licheni

L’Italia esporta a Buenos Aires la scienza green per proteggere l’arte. Dopo Roma e Venezia, l’inedito metodo ‘nature-based’ sbarca in Argentina: la vegetazione urbana come sentinella per difendere i musei dall’inquinamento

Una foresta invisibile ma attivissima ha fatto ingresso nei musei di Buenos Aires. Non alberi, ma campioni di foglie e licheni, usati come bioaccumulatori per monitorare il particolato metallico prodotto dal traffico veicolare. Il risultato? Le opere di Manet e Gauguin possono tirare un sospiro di sollievo: l’inquinamento è tenuto a bada, almeno all’interno delle sale. Ma fuori, la musica cambia.

Questa innovativa forma di biomonitoraggio è frutto di una collaborazione italo-argentina guidata da Ingv, Università di Siena e Accademia dei Lincei. Dopo i successi ottenuti a Roma e Venezia, la metodologia è stata applicata per la prima volta in America Latina, nel Museo Nazionale delle Belle Arti e nel Museo di Storia Nazionale della capitale argentina. Il cuore dell’esperimento? L’uso combinato di licheni e foglie di Fraxinus americana e Jacaranda mimosifolia, due specie molto diffuse nel tessuto urbano di Buenos Aires.

La natura come alleata contro l’inquinamento

Il principio alla base è semplice, quanto efficace: i licheni e le foglie agiscono come “spugne biologiche”, catturando e trattenendo il particolato metallico rilasciato dai freni delle auto. Analizzando il contenuto chimico e magnetico di queste piante, i ricercatori hanno potuto tracciare la presenza, la concentrazione e la composizione delle particelle inquinanti all’interno e all’esterno dei musei.

Il responso è rassicurante per le collezioni: le sale interne sono risultate protette, mentre l’esterno, in particolare le aree adiacenti alle arterie stradali, ha mostrato una concentrazione elevata di particolato veicolare. Una conferma ulteriore del fatto che la principale sorgente di inquinamento urbano non è tanto l’aria in sé, ma le nostre abitudini su quattro ruote.

Il progetto rientra nell’iniziativa CHIOMA – acronimo di “Cultural Heritage Investigations and Observations: a Multidisciplinary Approach” – che già nel nome richiama la funzione protettiva della chioma degli alberi. Un omaggio agli ecoservizi offerti dalla vegetazione urbana e una dichiarazione d’intenti: la natura può diventare uno strumento operativo nella lotta per la salvaguardia del nostro patrimonio artistico.

L’esperienza italiana sbarca oltreoceano

“Dopo Villa Farnesina e il Colle Palatino a Roma, e la Collezione Peggy Guggenheim a Venezia, abbiamo voluto verificare l’efficacia del nostro protocollo anche in un contesto diverso, per clima, urbanistica e flussi di traffico”, spiega Aldo Winkler, responsabile del Laboratorio di Paleomagnetismo dell’Ingv. “Buenos Aires ci ha offerto un banco di prova perfetto, e i risultati confermano la validità dell’approccio”.

Lo studio ha anche permesso di confrontare l’efficienza bioaccumulativa delle due specie arboree selezionate. “La Jacaranda, oltre ad essere un simbolo della città, ha mostrato una capacità particolarmente elevata di trattenere particelle inquinanti, rafforzando il suo ruolo di alleato nella gestione ambientale urbana”, aggiunge Stefano Loppi, dell’Università di Siena.

Difendere l’arte, difendendo l’aria

Antonio Sgamellotti, dell’Accademia dei Lincei e tra gli artefici della prima sperimentazione italiana, ricorda come tutto sia nato nel 2020 tra le Logge di Amore e Psiche a Villa Farnesina. “Allora volevamo capire fino a che punto lo smog urbano stesse minacciando affreschi cinquecenteschi. Oggi la stessa tecnologia permette di controllare il rischio in musei a migliaia di chilometri di distanza”.

Perché, anche se invisibile, l’inquinamento lascia tracce tangibili: patine scure sulle superfici, microabrasioni, perdita di materiale pittorico. Avere un sistema di allerta precoce come questo, basato su foglie e licheni, significa poter intervenire prima che il danno si manifesti. Una forma di prevenzione a basso impatto e ad alto rendimento. Usando ciò che la natura già fa – filtrare, proteggere, segnalare – possiamo proteggere l’arte e la storia.

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