22 Febbraio 2025
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Musica

La musica copia i cavalli, l’ouverture del Guglielmo Tell è un galoppo

16.02.2025

Era il 1977 e Freddy Mercury cantava per la prima volta We Will Rock You. Brano iconico dei Queen, registrato nei Wessex Studios di Londra, fu scritto dal chitarrista del gruppo – Sir Brian Harold May – in una sola notte, dopo un concerto a Birmingham. Oggi, a 48 anni di distanza, viene tirato in ballo da un gruppo di ricercatori italiani. Perché? Aiuta a spiegare come i cavalli riescano a produrre una vera e propria musica. Leggere per credere.

Un – due – tre, ritmo! Lo studio italiano
Una vera e propria musica, una melodia a tutti gli effetti. Ogni volta che lo zoccolo di un cavallo tocca terra lo fa seguendo uno schema preciso. Il risultato è qualcosa che si avvicina moltissimo a una armonia. Se empiricamente la cosa non ci stupisce troppo – in effetti, basta aver ascoltato almeno una volta il suono prodotto da un cavallo al galoppo – la scienza ora arriva a dare sostanza concettuale a questa percezione. Se ne è occupato un gruppo di ricercatori italiani. Si tratta del team guidato da Marco Gamba dell’Università di Torino e Andrea Ravignani dell’Università La Sapienza di Roma. Lo studio è stato finanziato dal progetto ERC The Origins of Human Rhythm (TOHR) e ha prodotto due lavori distinti pubblicati sul Journal of Anatomy e Annals of the New York Academy of Sciences. Obiettivo del lavoro dei ricercatori italiani: mettere in luce le somiglianze tra i ritmi del movimento dei cavalli e quelli musicali. E le assonanze non sono mancate.

Dai vocalizzi al passo, il ritmo c’è sempre…
Questa connessione potrebbe spiegare perché le diverse andature equine – passo, trotto e galoppo – risultano così ritmiche e riconoscibili. Partiamo da un dato che ci riguarda tutti: il ritmo musicale in molte culture occidentali si basa su sequenze di intervalli temporali che seguono rapporti di numeri interi, ciascuno dei quali definisce una categoria ritmica. Una nota, per esempio, può durare quanto la precedente oppure il doppio o il triplo. Questo per quanto riguarda la sfera umana. Però l’orizzonte si è allargato.

Più di uno studio, negli ultimi anni, ha lavorato sui “rumori” della natura evidenziando in diverse specie animali armonie e ritmo nelle vocalizzazioni confermando, in estrema sintesi, il ruolo chiave di queste strutture temporali nella percezione del ritmo. La novità della ricerca italiana sta nel fatto che, per la prima volta, si è dimostrato che anche l’andatura dei cavalli condivide queste stesse strutture temporali: gli intervalli tra zoccoli che colpiscono il terreno sono caratterizzati da categorie ritmiche.

In particolare, il passo e il trotto dei cavalli sono isocroni poiché il terreno è colpito a intervalli regolari, come il ticchettio di un orologio. Il galoppo, invece, presenta una sequenza di tre intervalli in cui il terzo dura il doppio degli altri due, vale a dire uno schema ripetitivo 1:1:2, richiamando – appunto – il ritmo base del brano We Will Rock You dei Queen. “Questo pattern di 1:1:2 incidentalmente si ritrova anche nell’Overture del Guglielmo Tell di Rossini. Forse questo spiega perché spesso questo brano venga usato come colonna sonora nei film in cui si vedono cavalli al galoppo”, dice Andrea Ravignani.

Anche il ritmo è una questione evolutiva
“Questi studi proseguono in un filone di ricerca che vede unite le nostre università per indagare le caratteristiche ritmiche dei comportamenti di animali e umani, cercando di scovare similarità e differenze che sono ancora da interpretare per ciò che concerne il loro significato evolutivo”, aggiunge Marco Gamba.

Oltre alle categorie ritmiche, “un altro elemento fondamentale nella distinzione tra le andature dei cavalli è il tempo, ossia la velocità con cui si susseguono i battiti in un qualsiasi pattern ritmico, analogamente a quanto osserviamo tra diversi generi musicali”, spiega Teresa Raimondi, Sapienza Università di Roma. In particolare, passo e trotto risultano facilmente distinguibili grazie alla maggiore durata degli intervalli: uno schema ritmico più lento o più veloce a seconda dell’andatura.

“La scoperta di schemi ritmici comuni tra musica, comunicazione animale e locomozione rafforza l’idea che locomozione e controllo motorio possano aver giocato un ruolo cruciale nell’evoluzione del ritmo, sia nella comunicazione umana che in quella di altre specie”, conclude Lia Laffi, dottoranda dell’Università di Torino.

Insomma, se negli Anni Novanta Raf cantava de Il battito animale, torto non aveva.

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