09.01.2024
Muti, Vienna sceglie il gigante per il 2025
Il 2025 sarà l’occasione per celebrare i duecento anni della nascita di Johann Strauss, con i Wiener Philharmoniker diretti da Riccardo Muti. «Fa un certo effetto sapere che i Wiener, per questo anniversario, abbiano scelto un direttore italiano», dice il Maestro.
Un rapporto di stima. Dal 1971 a Salisburgo, dopo più di cinquecento concerti e la nomina a membro onorario, sulla scia grata del presidente, il violinista Daniel Froschauer («Ha plasmato in modo unico il repertorio e il suono della nostra orchestra»), i Wiener Philharmoniker hanno indicato Riccardo Muti come direttore del Concerto di Capodanno 2025, suggellando con la sua (settima) presenza sul podio i duecento anni della nascita di Johann Strauss. Das Neujahrskonzert, il tradizionale appuntamento sprigiona ancora tutta l’energia racchiusa dentro il Musikverein di Vienna.
Nato nel 1939 sotto la morsa dell’annessione tedesca dell’Austria, ha in seguito consegnato alla musica un messaggio di libertà, diventando crogiuolo di condivisione. Se Il 1º gennaio 1987, all’età di 78 anni, fu Herbert von Karajan a dirigere con impeto, a partire dagli anni Novanta, Abbado, Kleiber, Mehta, Muti, Maazel, Prêtre e Barenboim, hanno insufflato di note quello scrigno di stucchi dorati, ingentilito da corbeille di fiori. Un Concerto di Capodanno, che trasmuta in colonna sonora e si lega indissolubilmente a una città dall’arcigno passato imperial-asburgico dai rimandi nostalgici, in aperta contrapposizione con il nostro Paese, dove «stiamo bruciando le nostre radici, ma i giornali ci parlano dei rapper, dei Maneskin o dei Maneskot…», dice Muti con stizza.
Mentre viene messa in vendita la casa di Lorenzo da Ponte, librettista di opere come Don Giovanni, Così fan tutte e le Nozze di Figaro di Mozart, e quella di Paisiello e Verdi a Sant’Agata (“che vergogna”) , e da noi si stenta a sostenere quanti si dedicano a studio e diffusione della musica colta, lo stesso Maestro in controtendenza incentiva un percorso di formazione rivolto a giovani direttori d’orchestra, tra 18 e 35 anni, selezionati attraverso un bando internazionale, con l’Orchestra giovanile Cherubini e il Deposito della Fondazione Prada (sostenitori preziosi) a far da sponda.
Difficile superare la diffidenza verso Verdi, Bellini o Donizetti da parte del pubblico “germanico” di Bayreuth o Salisburgo, incapsulato in una profonda immersione culturale (autoreferenziale), o l’abitudine nostrana di andare a teatro per aspettare l’acuto del soprano, senza comprendere che l’aria è la condensazione di un cammino drammatico, e che la gesticolazione clownesca di alcuni direttori è fine a sé stessa e umilia l’”estensione della mente” di Arturo Toscanini. Allora, per paradosso, Vienna diventa paradigma e farsi trasportare in un altrove sul pentagramma della famiglia Strauss, rimanda a Richard Wagner, a Lord Byron (“Le prime battute del valzer infiammano i viennesi anche più dell’alcool”) che lo trovava sconveniente, mentre Goethe aveva preso delle lezioni di ballo per volteggiare nei ricevimenti salottieri. Il valzer dilaga, travolge riverenze, minuetti e le difese dei moralisti, idealizzando individualismo e amore romantico. Già, Vienna, perché il valzer s’infiltra nei suoi angoli, tra i palazzi nobiliari, svolazzando tra i caffè, con un Beethoven sorridente ed un Johannes Brahms che sospirava alla finestra dopo aver trascritto Sul bel Danubio blu di Johann Strauss, figlio: «Purtroppo, quelle note non sono mie». Il perfetto equilibrio tra archi e fiati, la fluidità armoniosa di un’orchestrazione dallo splendore virtuosistico, definita per potenza, duttilità e trasparenza di colori e timbri, patrimonio degli Strauss, evoca emozioni.
Riccardo Muti è già pronto. Per difendere musica, cultura e un po’noi stessi.
Credito fotografico: dal sito ufficiale di Riccardo Muti