09.06.2023
Il progetto pilota sarà condotto in via sperimentale dalle università di Bergamo e Reggio Calabria. Obiettivo: controbilanciare il calo di iscrizioni e l’abbandono degli studi, irrobustendo la rete delle competenze.
Dici Erasmus e il pensiero va alle molteplici esperienze che gli studenti possono affrontare soprattutto in Europa. Tra le destinazioni più gettonate nel corso degli anni prevalgono quelle in Spagna (Barcellona, Madrid e Toledo) e Portogallo (Lisbona, Porto e Coimbra), insieme a Amsterdam, Praga e Berlino. Ma il Ministero dell’Università e della Ricerca, guidato da Anna Maria Bernini, sta lavorando a un Erasmus nazionale che permetterà agli studenti di frequentare corsi suddivisi tra più università, con l’obiettivo di agevolare nuove esperienze formative ma rimanendo in Italia. Una flessibilità pensata per favorire gli scambi tra gli atenei della penisola, irrobustendo la rete delle competenze.
Due le università scelte per dare corso a questo progetto pilota, Bergamo e Reggio Calabria. L’asse nord-sud consentirà agli studenti dell’una di recarsi nell’altra a frequentare i corsi secondo un programma di studi che porterà al reciproco riconoscimento degli esami sostenuti e superati. Una sperimentazione che servirà a dimostrare come alla dinamica del percorso universitario corrisponda un effettivo arricchimento delle conoscenze nel campo della disciplina oggetto del corso di laurea. Quali sono i vantaggi offerti dalla possibilità di seguire una fase del percorso universitario in un ateneo corrispondente? In primo luogo, l’esperienza allargata, che è il principio alla base dell’Erasmus. Senza cassare, ovviamente, la rete delle opportunità offerte in altri Paesi, rese interessanti principalmente dall’approfondimento linguistico.
Qual è il motivo che ha indotto a gettare le basi di un Erasmus nazionale? Certamente la volontà di sperimentare modelli ugualmente competitivi, facendo emergere potenzialità che restano confinate in un unico percorso universitario. In generale, si punta a favorire il movimento degli studenti tra gli atenei e, contestualmente, contrastare il calo delle iscrizioni. L’Erasmus nazionale potrebbe rilevarsi un toccasana per le facoltà di medicina, che dal prossimo anno accademico vedranno salire il numero totale delle matricole a 18mila. Servono più medici, senza però abbassare la qualità dell’offerta formativa degli atenei. Ed ecco che la partnership tra poli universitari può aiutare ad accrescere l’esperienza degli studenti, stimolandone le attitudini e il talento. L’altra sfida implicitamente contenuta nell’Erasmus nazionale è l’intenzione di controbilanciare l’abbandono degli studi universitari, che risulta molto più marcato in alcune zone d’Italia, e sostenere chi non ha le possibilità economiche. Ovvio che la prospettiva di un percorso articolato tra l’ateneo prescelto dopo la maturità e quello che sarà ritenuto idoneo a supportare gli studi, arricchendoli di contenuti, poggia su una scelta oculata e consapevole da operare una volta conseguita la maturità.