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Nato per vincere

29.01.2024

Jannik Sinner con il trofeo degli Australian Open vinto a Melbourne, domenica 28 gennaio 2024.

Tutto fa pensare che sia soltanto l’inizio. Jannik Sinner corona un torneo da favola e vince l’Australian Open. Il trionfo a Parigi fu l’apice della carriera di Panatta, mentre Sinner ha ancora tutto il tempo per regalarsi e regalarci l’immortalità tennistica. Ora tutti lo vorranno battere e si ingegneranno per trovare un metodo.

C’è una differenza sostanziale tra il successo di Jannik Sinner all’Australian Open e quello di Adriano Panatta al Roland Garros 1976. Non alludiamo alla guasconeria di Adriano quando incontrò il suo avversario (Harold Solomon) negli spogliatoi e gli disse: «Guardati allo specchio… e guarda me. Come pensi di poter vincere questa partita?». Sinner non si prenderebbe mai una confidenza del genere, ma il punto è un altro: il trionfo a Parigi fu l’apice della carriera di Panatta, mentre Sinner dovrà fare (tanto) spazio sulle pareti della sua abitazione monegasca: quella con il Norman Brookes Trophy sarà la prima di tante foto in cui poserà con un grande trofeo tra le mani. A 22 anni e 165 giorni di età, è il più giovane vincitore dell’Australian Open dai tempi del primo successo di Novak Djokovic. Un dato statistico che accende mille aspettative per il futuro. Intanto l’Italia al maschile ha interrotto un digiuno Slam che durava da 47 anni, 7 mesi e 14 giorni, giusto dal titolo di Panatta. Nei prossimi giorni ci sarà un’ulteriore sbornia di popolarità, ma Jannik sa che fa parte del percorso e non permetterà che le distrazioni lo facciano deragliare dal binario giusto.

Lui vuole l’immortalità tennistica, laddove si arriva con i risultati e non con le ospitate in TV o le prime pagine sui giornali. Appena dopo la finale vittoriosa contro Daniil Medvedev, uno dei suoi due coach (Simone Vagnozzi) gli ha subito parlato di possibili miglioramenti. E Jannik, in conferenza stampa, ha detto che dovrà continuare a crescere. Da cacciatore è diventato preda. Tutti lo vorranno battere e si ingegneranno per trovare un metodo.

 «Nei primi due set, in tutta onestà, Medvedev non mi ha fatto vedere palla».

Come a dire che la parola “appagamento” non fa parte del suo vocabolario. Ma adesso è doveroso celebrarlo, perché il successo a Melbourne non ha soltanto una valenza storica (nessun italiano aveva mai vinto l’Australian Open): Sinner ha vinto senza sconti, unicamente per meriti propri. La capacità di non sprecare energie fino ai quarti è stata un grande merito, poi in semifinale contro Novak Djokovic ha messo in scena un piccolo capolavoro. Battere il serbo nel suo feudo australiano è una delle imprese più difficili, e Sinner l’ha fatto da dominatore. In finale, poi, ha avuto la capacità di non disunirsi dopo che Medvedev lo aveva sorpreso nei primi due set con una tattica ultra-aggressiva. Ma sapeva, l’idolo dei Carota Boys, che il serbatoio del russo era pericolosamente vicino alla riserva. La spia si è accesa sul finire del terzo set, poi Daniil ha preso a boccheggiare tra il quarto e il quinto. «Il momento in cui ho capito che la partita era girata» ha poi ammesso Sinner.

Nessun tremore al momento di chiudere, anzi, l’ha fatto nel modo più bello, con un maestoso dritto lungolinea. Si è lasciato cadere per terra, pur senza perdere la sua proverbiale compostezza. Dentro di sé sarà stato un frullatore di emozioni, ma non si è lasciato andare nemmeno nel momento dell’esaltazione. Perché Jannik è fatto così, figlio perfetto della sua terra. Sarà pure diventato un cittadino del mondo, ma le radici altoatesine hanno prodotto un giovane uomo focalizzato sui suoi obiettivi in modo quasi maniacale. Tutto quello che deraglia dal miglioramento è visto come un fastidio, un ostacolo al raggiungimento dei suoi obiettivi. Questo è il segreto di Jannik. Ed è la ragione per cui vincerà ancora moltissimo.

Credito fotografico: #AusOpen, X.

 

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