21 Novembre 2024
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Cultura

Negli angoli più nascosti della coscienza

“Prendere sul serio il cuore ha conseguenze sociali”. Accettare le “ferite” dell’altro, in una famiglia, in una coppia, tra amici. E lì si può dire “ti ho amato di amore eterno, per questo continuo ad esserti fedele”. Riflessioni sulla nuova enciclica di Papa Francesco.

«Ci ha amati». È un titolo che segna il passaggio di qualcuno d’importante. Lo caratterizza per la sua capacità di permanere negli angoli più nascosti della coscienza e di modificarne per sempre il DNA. Oggi, l’incarnazione di questo mutamento indotto dalla potenza di un messaggio sempreverde è evidente nelle parole dell’Enciclica Dilexit nos di Papa Francesco.

E proprio d’incarnazione si parla, in un “cuore” perfino profano (“kardia”) capace di rendere il senso di una cultura materiale che ci compone e ci orienta, contro ogni “trascendentalismo”. Sì, perché conoscere sé stessi, e in tal modo gli altri, è fondamentale per percepirsi nella giusta dimensione, per non viaggiare spinti dall’intelligenza che diventa mera ragione. Standardizzata, riproducibile, come per quella artificiale, che nulla ha a che fare con “l’ordinario”, con il familiare (come il panzerotto delle case pugliesi) e con lo “straordinario”, con la sorpresa, la meraviglia (“un fiore tra le pagine di un libro”, “un pallone di pezza”) che mal resiste a tentativi di compressione o di industrializzazione in serie.

Conoscere sé stessi è partire dalle emozioni che non comprendiamo, che ci confondono, in una riflessività sempre presente nell’Enciclica di Francesco. Provare emozioni è, infatti, essere stimolati a comprenderne il significato. Cambiare con il cuore, ma senza fare affidamento su di esso, perché siamo feriti dagli altri, da noi stessi («il ricordo delle mie colpe mi umilia») e questa sofferenza induce l’umano a non conoscersi, ad agire in una dimenticanza superficiale, finanche tecnologica. Ma anche a comprendere, a consolarsi e a consolare. Il rischio è quello di raccontarsi “bugie”, gonfie come le omonime “frittelle”, o del nichilismo, che si ripercuote nelle relazioni affettive e sociali, con i conflitti che vediamo. La storia narra di un’”antropologia” – afferma – che non ha tenuto conto del cuore, ma che potrebbe rinascere proprio grazie a questa riflessività critica.

Nell’umano, c’è l’istinto sensuale o, per contro, la “spiritualità senza carne” di chi divide la componente ineffabile dal corpo, in nuova forma di gnosticismo che sotterra parti di sé, chiudendosi alla comprensione della “tenerezza”, alla misericordia che è via per crescer insieme. «Prendere sul serio il cuore ha conseguenze sociali» si legge nell’Enciclica. Basti pensare a quanto sarebbe rivoluzionario in una famiglia, nucleo della società (in un magistero spirituale che è anche sociale), ma anche in una coppia o tra amici, accettare le «ferite» dell’altro. Allora si potrebbe dire: «ti ho amato di amore eterno, per questo continuo ad esserti fedele», cambiare sotto l’ala di un costato trafitto. Un percorso che richiama senza dubbio alla memoria – come Francesco – gli esempi dei grandi Santi della Chiesa ed i precetti delle Scritture, in un progetto da credere più perfetto delle nostre esistenze finite, terrene: «Sì carissima Figlia, Egli pensa a voi, ma anche al più piccolo capello del vostro capo».

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