17 Novembre 2025
/ 17.11.2025

Nella Striscia anche il freddo diventa un’arma di guerra

A Gaza il maltempo colpisce un milione e mezzo di sfollati, mentre i soccorsi vengono bloccati e l’Idf spara sui militari Onu in Libano. Al Consiglio di Sicurezza si vota la risoluzione americana contestata da Hamas e ostacolata dalla Russia

Le prime piogge dell’inverno hanno trasformato Gaza in un mosaico di tende allagate, vestiti bagnati e ripari che cedono. Le immagini degli sfollati che scavano canali attorno alle loro tende spiegano in modo immediato quanto poco basti perché la situazione diventi ingestibile. Proprio mentre la Striscia affronta il freddo, a New York il Consiglio di Sicurezza dell’Onu vota la risoluzione americana per la gestione del dopo-guerra a Gaza. Due piani lontani, ma oggi inevitabilmente sovrapposti.

Le piogge e il blocco degli aiuti

Philippe Lazzarini, Commissario generale dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (Unrwa), ha descritto così ciò che sta accadendo: “A Gaza fa freddo e piove. Gli sfollati stanno affrontando un inverno rigido, senza i mezzi di base per proteggersi dalla pioggia e dal freddo”. I ripari provvisori, ha aggiunto, “si allagano rapidamente, inzuppando gli effetti personali delle persone”. Il blocco delle forniture è il nodo centrale: l’ Unrwa avrebbe materiali sufficienti per assistere circa 1,3 milioni di persone, ma Israele ne impedisce l’ingresso nonostante il cessate il fuoco del 10 ottobre.

L’effetto è immediato. A Gaza City una madre ha mostrato ad Al Jazeera la sua tenda piena d’acqua: “Piango da stamattina”, ha detto. Ha perso marito e altri familiari, vive con due bambini e chiede “una tenda adatta, un materasso e una coperta. Non c’è nessuno che mi aiuti”. Migliaia di altre famiglie hanno racconti simili. Le piogge hanno costretto molti a ripararsi in edifici danneggiati, anche a rischio crollo.

Le Nazioni Unite stimano che 260.000 famiglie — quasi un milione e mezzo di persone — affrontino il freddo senza alcun riparo adeguato per affrontare l’inverno. Due anni di attacchi hanno danneggiato o distrutto oltre 198.000 edifici, costringendo molte persone a spostarsi più volte in cerca di un luogo sicuro.

Le piogge non sono l’unico problema: a Khan Younis l’esercito israeliano ha lanciato razzi di segnalazione e, secondo Al Jazeera, diversi bombardamenti sono avvenuti “dietro la linea gialla”, la fascia definita dalla prima fase del cessate il fuoco. “La situazione sta diventando molto più grave per le famiglie che vivono vicino a questa linea”, ha raccontato il corrispondente Ibrahim al-Khalili.

Nel frattempo, domenica 16 novembre nel sud del Libano un carro armato israeliano ha aperto il fuoco contro una pattuglia dei militari dell’Unifil, la forza Onu di interposizione che monitora il rispetto del cessate il fuoco del 2006 tra Israele e Hezbollah. Secondo l’esercito israeliano, l’incidente è stato causato dalle cattive condizioni meteorologiche: i soldati avrebbero scambiato i peacekeeper per “sospetti” a causa della visibilità ridotta dalla pioggia. L’Unifil ha precisato che i colpi hanno colpito a pochi metri dal personale, costringendolo a ritirarsi in sicurezza dopo circa mezz’ora. La forza Onu ha denunciato l’episodio come una “grave violazione” della risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza, sottolineando come non sia la prima volta che le truppe israeliane mettono a rischio i peacekeeper.

Il voto all’Onu e le tensioni tra le potenze

La risoluzione americana arriva al voto dopo giorni di negoziati difficili. Hamas l’ha definita “pericolosa” e un tentativo di “sottomettere la Striscia di Gaza all’autorità internazionale”. Nel documento diffuso a nome delle fazioni palestinesi si respinge ogni riferimento al disarmo e si avverte che qualunque presenza militare straniera all’interno della Striscia costituirebbe una violazione della sovranità palestinese. La richiesta è che qualsiasi forza internazionale sia “direttamente subordinata alle Nazioni Unite”.

Sul fronte opposto, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ribadisce: “La nostra opposizione a uno Stato palestinese non è cambiata. Gaza verrà smobilitata e Hamas disarmata”. Una posizione che incide direttamente sulla prospettiva di un accordo politico condiviso.

A complicare il voto c’è la Russia. Mosca ha annunciato una contro-risoluzione che includa esplicitamente la soluzione a due Stati, elemento assente nel testo americano. Il rischio di veto è concreto e potrebbe bloccare il tentativo degli Stati Uniti di definire un quadro internazionale per la gestione della Striscia.

Il risultato del voto, quindi, non riguarda solo lo scenario diplomatico: influenzerà tempi e modalità dell’ingresso degli aiuti, la presenza di eventuali forze internazionali, il ruolo dell’Autorità Palestinese e le condizioni del cessate il fuoco.

Mentre a New York si discutono equilibri e mandati, a Gaza il freddo continua a entrare dalle aperture dei teloni. Senza tende adeguate, senza coperte e senza possibilità di proteggere gli oggetti essenziali, ogni nuova pioggia diventa un rischio.

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