C’è un entusiasmo che non si finge. È quello dei bambini che, per la prima volta, scoprono un bosco: toccano una corteccia, ascoltano un fruscio, cercano un uccellino tra i rami. Ed è proprio da qui che può nascere l’educazione ambientale. All’oasi Lipu di BIanello, sulle colline di Quattro Castella (Reggio Emilia), Luca Artoni la porta avanti da trent’anni: “Per noi è una missione al pari della conservazione della natura”, racconta. “Con le scuole lavoriamo da sempre, dalle materne alle superiori, costruendo progetti su misura in base all’età e alla stagione. Con i più piccoli, ad esempio, si lavora sui sensi. Facciamo esperienze tattili, uditive, visive. Raccogliamo reperti naturali nel bosco, impariamo a riconoscere i segni della vita anche quando non si vede nessun animale”. Insomma, un modo per far capire anche ai più piccoli che il bosco è vivo.
Dunque, in quest’ottica, come sottolinea Artoni, l’educazione ambientale non è un’attività accessoria, ma una necessità educativa: “Molti bambini e ragazzi vivono lontano dalla natura e passano gran parte del tempo in luoghi chiusi, a scuola, a casa, in palestra o in piscina. Con i nostri progetti vogliamo riportarli fuori, nella natura”.
Percorsi diversi
I percorsi proposti sono diversi: c’è quello sulla spesa sostenibile, che insegna a leggere le etichette e a scegliere prodotti rispettosi dell’ambiente; c’è quello su cibo e natura, che affronta temi cruciali come i pesticidi e gli allevamenti intensivi, e c’è Law and Nature, che parla di legalità e bracconaggio. “Con le superiori”, continua Artoni, “affrontiamo questioni più tecniche, mentre con i bambini delle elementari facciamo scoprire la natura nel senso più ampio: camminare, arrampicarsi, mettere i piedi nel ruscello”. Non solo didattica, quindi, ma anche libertà e benessere. “È scientificamente provato che muoversi in un ambiente naturale riduce lo stress”.
Il contatto con la natura, poi, oltre ad educare, cura e unisce: “Nell’oasi spesso abbiamo anche bambini con disabilità, ma quando sono nella natura questi problemi quasi scompaiono. A parte i casi più gravi, non ci accorgiamo di chi ha difficoltà. All’aperto sono tutti uguali, tutti felici, ed è raro che ci siano litigi o tensioni. Tornano a casa sereni, raccontano con entusiasmo la loro esperienza e non vedono l’ora di tornare”.
I benefici si riflettono anche a scuola. Racconta Artoni: “Per esempio, chi fa birdwaching, l’osservazione degli uccelli, impara ad ascoltare, a guardare e ad avere pazienza. E spesso ha voti più alti. Viviamo in un’epoca in cui molti insegnanti lamentano una mancanza di concentrazione, e stare in natura aiuta tantissimo”.
Conoscere per amare e proteggere
Ma l’educazione ambientale è anche un modo per salvaguardare il futuro, quello dell’umanità e quello della Terra: “Se non conosci qualcosa, non la ami, e quindi non la proteggi”, dice Artoni. “Oggi i ragazzi non sanno riconoscere un fungo o una pianta commestibile. I nostri nonni conoscevano i ritmi della terra, il meteo, i raccolti. Sono saperi che si stanno perdendo, e questo non ci allontana solo dalla natura, ma anche da noi stessi”.
Proprio in virtù di questo, la Lipu non si limita a portare le classi nelle oasi, ma lavora a un progetto molto ambizioso legato alle cosiddette “scuole verdi”. Si tratta di iniziative che vogliono incentivare lezioni all’aperto, per creare, ad esempio, dei bird garden nei cortili degli istituti, con mangiatoie, piante e arbusti per farfalle e uccelli. Come spiega Artoni, basterebbe valorizzare gli spazi che già ci sono nelle scuole. Anche un cortile può diventare un piccolo ecosistema, un’aula naturale a cielo aperto.
Dunque, il ritorno alla natura non è solo nostalgia, ma una forma di vero e proprio progresso personale e collettivo: “Non oso immaginare a un mondo senza educazione ambientale”, conclude, “Sarebbe un errore che pagheremmo caro. Dobbiamo tornare alla natura per stare meglio noi e per far stare meglio l’ambiente”.
