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Non ci rimane che Ancelotti, tutti lo vogliono, Lula soprattutto

12.07.2023

Gioiello del Calcio Italiano, prima come giocatore, poi come allenatore di livello mondiale, unico ad aver vinto lo scudetto nei 5 maggiori campionati. Lula lo vuole, ma Ancelotti merita il Brasile forse più di quanto il Brasile meriti Ancelotti.

Approdato alla Gazzetta dello Sport nel maggio del 1979 su interessamento del “Divino” Bruno Raschi, vicedirettore, trovai al timone l’impareggiabile giornalista-manager Gino Palumbo. Ingaggiato per occuparmi di ciclismo, scivolai invece nel calderone del… calcio, e cioè nella «piscina dove tutti i giornalisti della rosea hanno l’obbligo di purificarsi», come Palumbo tenne a precisare nel primo colloquio.

In quell’assolata estate del 1979, c’era un giovanotto di belle speranze in procinto di passare dal Parma alla Roma come gioiello con l’avvenire assicurato (e completato al Milan). «Zom, fai un blitz da Carletto e porta a casa una intervista apprezzabile…»: fu l’ordine di servizio verbale, che poi finì su una cartolina rosa come tutti gli incarichi seri. Partenza all’alba per Reggiolo, che i contadini locali chiamano «Rasol», intervista a cavallo del mezzogiorno di fuoco della campagna che sta tra la provincia di Reggio-Emilia e l’Oltrepò mantovano, rientro di gran carriera, stesura dell’intervista, impaginazione col fotocomposto nella tipografia di via Solferino a Milano, meritato riposo perché convinto di aver vissuto una giornata produttiva. Chi faceva le “aperture”, faceva pure le “chiusure”.

Ancelotti non ci è estraneo. Abbiamo seguito la sua traiettoria che nella carriera nel calcio gli ha permesso di mettere insieme – con incontestabile professionalità – da giocatore (4 Coppa Italia, 3 Campionati italiani, 1 Supercoppa, 2 Coppa dei Campioni, 2 Supercoppa UEFA, 2 Coppa Intercontinentale) e ancor più da allenatore (1 Coppa Italia, 1 Campionato italiano, 1 Campionato inglese, 1 Campionato francese, 1 Campionato tedesco, 1 Campionato spagnolo, 1 Supercoppa italiana, 1 Community Shield, 1 Coppa d’Inghilterra, 2 Coppa di Spagna, 2 Supercoppa di Germania, 1 Supercoppa di Spagna, 1 Intertoto, 4 Champions League, 4 Supercoppa UEFA, 3 Coppa del Mondo per Club): 14+26=40. Da ricordare che è il solo ad aver vinto lo scudetto nei 5 maggiori campionati. In quella casa bassa di Reggiolo visitata nel 1979 tutto sto oro non ci starebbe neppure.

Perché tutto questo “Pistolotto”? Perché Carletto Ancelotti conosciuto ventenne è ancora sulla bocca di tutti, 44 anni più tardi. Lo è soprattutto su quella di Luiz Inazìo Lula da Silva, ritrovato presidente del Brasile, per il mondo semplicemente Lula. Ebbene, Lula è autore di uno sgarbo inaccettabile: perché mai deve occuparsi del mio Brasile come commissario tecnico senza mai risolto i problemi della sua Nazionale di calcio, che da due Mondiali manco si vede?

Lula dovrebbe leggere i curriculum e il tratto umano di Carletto, che ha provato anche a sollevare i colori azzurri come vice di Arrigo Sacchi dal 1992 al 1995. E poi che si occupasse prioritariamente di problemi veri e non mettesse il gioco del calcio davanti alla deforestazione dell’Amazzonia. Non ce ne voglia, Lula, ma Ancelotti merita il Brasile forse più di quanto il Brasile meriti Ancelotti. O, più semplicemente, “Lula fala demais”, e cioè «parla troppo» come sottolineato in un editoriale piccantissimo del giornale Folha l’indomani della recente visita del presidente brasiliano in Cina a proposito delle sue chiacchiere

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