17.10.2024
Aria inquinata, decessi legati al caldo, i medici del futuro assisteranno a sintomi e malattie che oggi non conosciamo. Nasce la nuova formazione che ha l’obiettivo di preparare laureandi con le competenze fondamentali necessarie per contrastare le minacce del tempo. Il focus.
Le conseguenze del cambiamento climatico, ormai, non sono più solo ipotesi. E sono conseguenze che, come impariamo a nostre spese, non sono circoscritte all’ambiente, ma riguardano anche la nostra salute. Da una parte, infatti, ci sono inquinamento e calore: secondo l’Organizzazione Mondiale della Salute il 99% della popolazione mondiale respira aria inquinata, e senza un intervento deciso i decessi legati al caldo estremo, che oggi sono circa 7 milioni ogni anno, rischiano di triplicare entro il 2050. E poi le malattie, che per esempio con l’espansione dell’habitat di alcuni insetti si diffondono sempre di più. Oppure il diabete e l’asma, che rischiano di essere esacerbate a causa del cambiamento climatico.
E proprio di fronte a questa emergenza è nato l’European Network on Climate & Health Education (ENCHE), con l’obiettivo di formare oltre 10 mila studenti di medicina sulle malattie legate alla crisi climatica. Sotto l’egida dell’Università di Glasgow, 25 università europee – tra cui, dall’Italia, l’Università di Pavia – si sono unite con l’obiettivo di colmare questo vuoto nella formazione medica. «I medici del futuro vedranno sintomi e malattie che oggi non vediamo. Ma devono essere consapevoli in modo da poterle riconoscere» ha spiegato Camille Huser, co-presidente della rete. Anche se, come spiega, non si tratta solo di malattie nuove: «Il cambiamento climatico non crea necessariamente nuove malattie che non abbiamo mai visto, ma aggrava anche i sintomi di quelle che già esistono».
Dal punto di vista pratico, la neonata rete si propone di uniformare l’insegnamento sul legame tra crisi climatica e crisi sanitaria, oggi molto frammentato e condotto senza linee guida. E l’obiettivo, dunque, è assicurarsi che i laureandi acquisiscano le competenze fondamentali necessarie per contrastare le minacce sanitarie derivanti appunto dal cambiamento climatico. Ad oggi il network sostenuto non solo dall’OMS, ma anche da grandi aziende farmaceutiche e sanitarie private, come per esempio Novo Nordisk, Roche, AstraZeneca e GSK.
Un progetto, questo, che prevede anche un polo presso la Columbia University di New York, che sarà fondamentale per affiancare i professionisti del settore sanitario a prevenire e rispondere alle sfide che sono sì globali e che hanno sì un impatto su tutti noi, ma che, come ha spiegato Cecilia Sorensen, direttrice del Global Consortium on Climate and Health Education, non colpiranno ovunque allo stesso modo e nello stesso modo. E la speranza è quella di riuscire a gettare le basi per un sistema sanitario più resiliente alle minacce del presente e del futuro.