28 Novembre 2025
/ 28.11.2025

Oleodotto tra foreste e coste protette, si dimette un ministro canadese

Il ministro della Cultura Steven Guilbeault, ecologista di lungo corso, ha lasciato il governo in polemica con il progetto

Il Canada ha imboccato una strada che fa discutere: un nuovo oleodotto dall’Alberta fino al Pacifico, nel cuore del territorio delle sabbie bituminose, per aprire i mercati asiatici al petrolio canadese e sganciarsi dalla dipendenza quasi totale dagli Stati Uniti. Una mossa presentata come strategica per l’economia, ma che ha già provocato la prima frattura politica: il ministro della Cultura Steven Guilbeault – ecologista di lungo corso – ha lasciato il governo in polemica con il progetto.

Secondo Ottawa l’intesa con la provincia dell’Alberta è un compromesso necessario. In cambio del via libera alla pipeline, la regione si è impegnata ad aumentare il prezzo del carbonio e a mettere in campo un maxi-programma di cattura e stoccaggio della CO₂, con un piano tecnico previsto per il 2026.

La protesta delle comunità indigene

Ma l’oleodotto attraverserebbe habitat delicati, foreste pluviali costiere e zone marine considerate tra le più ricche di biodiversità del Paese. Per arrivare all’oceano dovrebbe inoltre superare il divieto che da anni limita il traffico delle petroliere lungo la costa pacifica, introdotto proprio per evitare incidenti con potenziali sversamenti. Non stupisce quindi che le prime ad alzare la voce siano state le comunità indigene e i governi locali della British Columbia, convinti che il rischio ambientale superi di gran lunga i benefici economici.

La frattura politica interna al governo canadese rende il quadro ancora più instabile. La dimissione di Guilbeault non è solo un gesto simbolico: mostra quanto la maggioranza sia divisa sulla direzione energetica del Paese. Per una parte del governo, puntare ancora sul petrolio – pur con tecnologie di cattura del carbonio – significa allontanarsi dagli impegni climatici assunti a livello internazionale. Per l’altra, rinunciare alla pipeline equivarrebbe a perdere un’occasione di crescita e di peso strategico sui mercati globali.

Un bivio storico

Resta un interrogativo di fondo: è possibile conciliare l’espansione delle infrastrutture fossili con la necessità di ridurre le emissioni e proteggere gli ecosistemi? L’oleodotto non è ancora realtà, ma la frattura politica, le proteste indigene e i dubbi ambientali indicano che la battaglia è appena cominciata. Il Canada si trova davanti a un bivio storico: fra petrolio o conservazione, fra crescita immediata o una transizione più rigorosa.

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