Dopo i dazi abbiamo scoperto la seconda passione di Trump: i gas serra. Disperando ormai di prendere il Nobel per la pace, forse l’inquilino della Casa Bianca ha deciso di puntare al Nobel per la chimica. Nel più assoluto isolamento scientifico, The Donald ha infatti dichiarato che “i gas serra non sono dannosi”. Un’affermazione che, se provata, metterebbe alla gogna la comunità scientifica mondiale che s’intestardisce a dire il contrario.
Ma in questo caso anche fare un fake visivo (tipo quello con Obama in manette diffuso da ambienti vicini a Trump) è difficile. Basta un banale testo scolastico, o una ricerca su Google, per scoprire che l’effetto serra naturale gioca un ruolo fondamentale nella vivibilità del pianeta: senza l’effetto serra naturale ci sarebbero in media – 18 gradi, così siamo a +15. Ma quello di cui si parla, fuori dalle aule, è l’effetto serra aggiuntivo prodotto dall’azione umana. Questo effetto serra è l’oggetto su cui la comunità scientifica ha lavorato in modo intenso negli ultimi 40 anni per arrivare a elaborare un pacchetto di conoscenze mirato alla difesa del nostro livello di benessere e di sicurezza.
Trump infatti non parlava dell’effetto serra naturale, non spiegava le basi della chimica dell’atmosfera a dei ragazzi. Attaccava l’Endangerment Finding, cioè la “dichiarazione di pericolo”, approvata nel 2009 per mettere l’umanità (e la popolazione degli Stati Uniti) al riparo dalle conseguenze dell’incremento dell’effetto serra derivante dalla combustione di fossili e dalla deforestazione. È questo effetto serra che sta creando un clima in cui le probabilità che Los Angeles bruci come un fiammifero, il Texas finisca sott’acqua e un uragano sconvolga New York sono molto più alte.
L’Endangerment Finding è stata la base giuridica che ha consentito agli States di varare una serie di norme federali che da un lato hanno assicurato un aumento di protezione ai cittadini e dall’altro hanno reso più competitive le industrie statunitensi allineandole al trend economico verso la decarbonizzazione ormai largamente dominante. Quello, per intendersi, che ha permesso alla Cina di tener testa all’inquilino della Casa Bianca nella battaglia sui dazi.
Questa dunque è la tappa odierna dell’escalation mirata alla destabilizzazione globale. Dopo aver devitalizzato le grandi agenzie federali che forniscono le informazioni scientifiche climatiche di base, ora l’attacco di Trump si sposta al caposaldo giuridico della tutela del clima. Con un pressing simile a quello che usa riguardo alle sue vicende personali, il presidente degli Stati Uniti prova a smontare le basi del diritto.
E le agenzie federali, con responsabili scelti con cura dalla Casa Bianca, si adeguano all’andazzo lasciandosi andare ad affermazioni smentite da tutta la comunità scientifica. L’Epa made in Trump si permette di dire che “gli eventi meteorologici estremi non sono aumentati in modo indiscutibile rispetto ai record storici”, e di elogiare gli “effetti benefici” delle emissioni di gas serra.
Con Stalin l’idea del comunismo in un Paese solo non ha funzionato. Vedremo cosa succederà alla teoria trumpiana dell’antiscienza in un Paese solo.