Inquinerà meno di una strada trafficata ed emetterà 80 volte meno CO2 rispetto a una discarica. Ma sarà davvero la svolta per la gestione dei rifiuti? Tra dubbi ed entusiasmo, il sindaco Gualtieri rassicura. I pro e i contro.
Secondo le dichiarazioni del sindaco di Roma Roberto Gualtieri, i lavori per il termovalorizzatore della capitale partiranno entro il primo trimestre del 2025 e si concluderanno entro il 2027. Inquinerà meno di una strada trafficata ed emetterà 80 volte meno CO2 rispetto a una discarica. Insomma, le aspettative per una delle opere più imponenti di Roma sono altissime. Il termovalorizzatore, infatti, ad oggi rappresenta una delle migliori soluzioni per chiudere il ciclo di gestione dei rifiuti, consentendo di recuperare energia dal calore derivante dalla loro combustione. Nello specifico, il progetto romano si ispira a quello di Copenaghen, che presenta una potenza complessiva di 600 mila tonnellate di rifiuti l’anno: «Realizzeremo uno dei progetti più importanti della nostra Amministrazione e uno degli impianti più avanzati al mondo sotto il profilo delle performance industriali, delle caratteristiche ambientali, di recupero e di riciclo», ha spiegato Gualtieri.
Nonostante, almeno su carta, si tratti di un’opera fondamentale sia dal punto di vista economico che ambientale, ci sono posizioni divisive. Da una parte i sostenitori, i quali sottolineano che oltre a smaltire rifiuti non riciclabili e produrre energia destinata a fornire elettricità o teleriscaldamento, non comporta alcun rischio reale per la salute. Infatti, i fumi derivanti dalla combustione sono trattati da un reattore di assorbimento che ha il compito di abbattere i composti acidi e inquinanti, come metalli e diossine. Il 3-4% di ceneri leggere saranno smaltite in sicurezza, mentre il residuo solido sarà impiegato per la produzione di cemento. «È l’unica vera soluzione che regge nel tempo e che consente di risparmiare risorse e investire ancora di più sulla pulizia è avere i nostri impianti, non dover mandare i rifiuti in Europa e negoziare», sottolinea Gualtieri.
Dall’altra, il fronte dei no, che sostiene che la costruzione di un nuovo termovalorizzatore va contro le direttive europee e che questo tipo di impianto impedisca una gestione virtuosa dei rifiuti. Per esempio, Legambiente e Cgil hanno presentato un documento in cui sostengono che questi impianti sfruttano una tecnologia non finanziata dall’Ue e che a partire dal 2026 sarà tassata per le quote di emissioni di CO2.