A partire dal 2002, ogni anno la superficie terrestre colpita dalla siccità è cresciuta in media di circa 848.000 chilometri quadrati, una porzione di territorio equivalente alla somma di Italia e Francia. A documentare questa espansione silenziosa ma costante sono i dati raccolti dai satelliti gemelli GRACE – in orbita dal 2002 al 2017 – e dal loro successore GRACE Follow-On, lanciato nel 2018. Le missioni, gestite congiuntamente dalla NASA e dall’Agenzia spaziale tedesca, hanno fornito una quantità senza precedenti di informazioni sui cambiamenti nella massa terrestre, e in particolare sulla distribuzione dell’acqua dolce, permettendo agli scienziati di mappare l’evoluzione delle condizioni di siccità a scala globale.
Uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Science Advances dall’Università Statale dell’Arizona, in collaborazione con altri istituti di ricerca internazionali, ha analizzato questi dati nell’arco di oltre due decenni. Il quadro che emerge è allarmante: in tutto il mondo, ma con una particolare intensità nell’emisfero settentrionale, si stanno formando ampie zone – definite “mega-regioni” – soggette a siccità cronica e progressiva. Le aree più duramente colpite si concentrano lungo la costa occidentale del Nord America, in America Centrale, nel Medio Oriente, nel Sud e Sud-Est asiatico e, più recentemente, anche in Europa. Il continente europeo, in particolare, ha sperimentato un netto calo delle riserve idriche negli ultimi dieci anni, in linea con le ondate di siccità che hanno colpito paesi come Spagna, Francia, Italia, Germania e Ungheria.
La causa principale
Lo studio evidenzia come il cambiamento climatico rappresenti la principale causa strutturale di questa trasformazione, ma non l’unica. A pesare in modo crescente è anche la gestione insostenibile delle risorse idriche, in particolare delle falde sotterranee. In molte regioni, l’estrazione di acqua da acquiferi profondi supera di gran lunga la loro capacità di rigenerazione naturale, determinando un impoverimento progressivo del sottosuolo. Gli autori della ricerca sottolineano come questa dinamica, se non corretta, rischi di portare in tempi relativamente brevi all’esaurimento di interi bacini acquiferi non rinnovabili, con conseguenze potenzialmente irreversibili per l’agricoltura, gli ecosistemi e la stabilità sociale.
Un ulteriore fattore di aggravamento è stato individuato nel fenomeno climatico di El Niño, che a partire dal 2014 ha contribuito a destabilizzare ulteriormente i regimi di precipitazione in diverse aree del pianeta, accelerando la riduzione delle risorse idriche superficiali e sotterranee. Questo effetto si è sommato a una tendenza di lungo periodo già chiaramente individuabile nei dati GRACE, che mostrano come il progressivo indebolimento del ciclo idrologico stia portando a una ridistribuzione disomogenea dell’acqua dolce, con aree sempre più umide da un lato e vaste regioni sempre più aride dall’altro.
Uno strumento cruciale
Secondo Matthew Rodell, idrologo della NASA e tra i coautori dello studio, i satelliti GRACE funzionano come una bilancia orbitale in grado di rilevare variazioni minime nella massa terrestre, fornendo così una fotografia dettagliata dei cambiamenti nella disponibilità d’acqua. Queste misurazioni, ha spiegato, sono oggi uno strumento cruciale per comprendere l’impatto congiunto dei cambiamenti climatici e delle pressioni antropiche sugli equilibri idrici globali.
Le implicazioni di questi risultati sono profonde. La scarsità d’acqua non è più una minaccia futura, ma una realtà presente in molte aree del mondo. Le ripercussioni si manifestano già oggi sotto forma di crisi agricole, migrazioni forzate, tensioni sociali e conflitti geopolitici.