L’Europa che corre verso la transizione ecologica ha un problema: i porti, l’ingresso del continente, sono ancora fermi ai motori diesel. E mentre si moltiplicano le promesse green, la realtà è ben diversa: le navi, anche quando sono ferme, continuano a inquinare come se fossero in mare aperto. Perché? Perché mancano le prese di corrente da terra.
Navi ferme, motori accesi, fumi tossici in circolazione. È questa la fotografia, tutt’altro che rassicurante, che emerge da un nuovo studio commissionato da Transport & Environment (T&E) e realizzato da DNV, che ha analizzato i principali scali portuali del continente. Solo il 20% delle infrastrutture elettriche previste dall’Ue per ridurre le emissioni in porto è effettivamente operativo o in costruzione.
Tradotto: la stragrande maggioranza delle navi – container, crociere e traghetti – continua a bruciare gasolio mentre è ormeggiata, riversando in aria una miscela di CO₂, ossidi di zolfo, ossidi di azoto e particolato fine. Una miscela letale per l’ambiente e per la salute pubblica, soprattutto per chi vive nelle città portuali.
La piaga delle navi da crociera
La tecnologia c’è: si chiama OPS, cioè Onshore Power Supply, e consente alle navi attraccate di spegnere i motori e collegarsi all’elettricità di terra. In teoria, dal 2030 dovrebbe essere obbligatoria per tutte le navi passeggeri e portacontainer nei principali porti europei. In pratica, siamo ancora al palo. Eppure si tratta di una soluzione che taglierebbe drasticamente le emissioni nocive, come ossidi di azoto, particolato fine e gas serra. Basti pensare che il 6% delle emissioni del trasporto marittimo europeo arriva proprio dalle navi ferme nei porti.
Il paradosso più evidente riguarda le navi da crociera. Viste da fuori sono hotel galleggianti, simboli del turismo di lusso. Ma dietro le quinte emettono sei volte più inquinanti rispetto a un normale cargo. E in porti come Venezia, Genova, Barcellona o Marsiglia – dove le crociere attraccano ogni giorno – il danno ambientale è sotto gli occhi (e nei polmoni) di tutti.
Il problema non è solo tecnico o burocratico. È anche una questione di salute pubblica. Le emissioni delle navi ormeggiate contengono sostanze tossiche che aumentano il rischio di asma, infarti, ictus e tumori. Secondo uno studio dell’Università di Barcellona, ogni anno in Europa 50mila morti premature sono legate all’inquinamento da porto. E le comunità portuali, spesso già fragili, sono le più esposte.
Le eccezioni
Tra le poche eccezioni positive troviamo Genova e Livorno, che insieme a Algeciras e Amburgo figurano tra i porti europei con il maggior numero di connessioni OPS installate. Di contro, porti importanti come Anversa, Dublino, Danzica e Lisbona non hanno ancora mosso un dito, mentre realtà come Rotterdam, Valencia, Bremerhaven, Le Havre e persino Barcellona risultano in netto ritardo rispetto agli standard richiesti.
Solo quattro porti – Algeciras in Spagna, Livorno in Italia, Świnoujście in Polonia e La Valletta a Malta – hanno già completato o almeno appaltato oltre la metà delle connessioni necessarie. E sì, nonostante i fondi del PNRR e la tecnologia già disponibile, nella maggior parte dei porti italiani l’elettrificazione resta ancora una promessa.
“È assurdo che nel 2024 dobbiamo ancora ricordare che spegnere i motori delle navi ormeggiate – specie quelli delle crociere – è una misura di puro buon senso”, ha commentato Carlo Tritto di T&E Italia. “Non serve aspettare il 2030. Basta investire oggi per ridurre l’inquinamento e proteggere i cittadini. Abbiamo esempi virtuosi come Livorno da cui prendere spunto”.
Il caso Venezia
E poi c’è il caso emblematico di Venezia. La città lagunare sta installando ben 18 connessioni OPS per i passeggeri, un numero molto superiore alle stime di traffico reale. Anna Gerometta, presidente di Cittadini per l’Aria, lancia l’allarme: “Il rischio è che questa infrastruttura serva da pretesto per aumentare il traffico passeggeri, in una città già fragile e sovraccarica. Venezia ha bisogno di essere protetta, non ulteriormente sfruttata”.
Non sono solo le crociere il problema. Anche i traghetti – spesso fermi per ore in porto – contribuiscono in modo significativo al peggioramento della qualità dell’aria. “Il loro collegamento all’OPS, o meglio ancora l’elettrificazione totale, è fondamentale per restituire aria pulita alle città di porto”, ribadisce Gerometta.
Un appello alla Ue
Per questo T&E lancia un appello chiaro all’UE e ai governi nazionali: anticipare al 2028 l’obbligo di elettrificazione delle banchine per le crociere, premiando i porti che investono con l’assegnazione di crediti di immissione in consumo (i cosiddetti CIC-elettrici) quando le navi si collegano alla rete. Chiede anche maggiori fondi europei dedicati all’elettrificazione portuale e l’ampliamento delle norme per includere non solo le navi più grandi, ma tutte quelle responsabili di inquinamento, comprese le più piccole.