Per due anni consecutivi la temperatura media globale ha superato la soglia di 1,5 gradi sopra i livelli preindustriali, eppure un gruppo di ricercatori di Climate Analytics sostiene che non tutto è perduto. Il loro nuovo studio, ripreso dal Guardian, mostra che rientrare entro quel limite è ancora possibile, almeno sul piano tecnico. Ma serve una trasformazione profonda, immediata e coordinata del sistema energetico mondiale.
Secondo le analisi, il riscaldamento globale potrebbe raggiungere un picco massimo di circa 1,7 °C a metà secolo, per poi scendere gradualmente verso 1,5 °C entro il 2100, a condizione che vengano attuate politiche drastiche: eliminazione rapida dei combustibili fossili, crescita esponenziale delle rinnovabili, taglio del metano e progressiva elettrificazione di trasporti, industria e riscaldamento. È una prospettiva teoricamente percorribile, ma che richiede un ritmo di riduzione delle emissioni mai visto: circa il 20% in meno rispetto al 2019 entro il 2030 e un calo dell’11% all’anno nel decennio successivo.
Lo scenario resta fragile. Alcuni punti di non ritorno del sistema climatico – come lo scioglimento irreversibile della Groenlandia o il collasso della foresta amazzonica – potrebbero già essere vicini, e il superamento temporaneo della soglia di 1,5 °C comporterebbe comunque danni duraturi: innalzamento dei mari, perdita di biodiversità, eventi estremi più intensi e frequenti.
Il messaggio, dunque, è duplice. Da un lato, c’è ancora margine d’azione: il destino climatico non è segnato. Dall’altro, le politiche attuali sono ben lontane dal necessario. Le proiezioni dell’Unep mostrano che con gli impegni in vigore oggi il Pianeta si dirige verso un riscaldamento tra 2,3 e 2,5 gradi. Un abisso rispetto all’obiettivo di Parigi.
In Europa e in Italia, i progressi reali sono ancora insufficienti. L’Unione è tra le aree più avanzate sul fronte delle politiche ambientali, ma nessuno dei grandi settori – energia, trasporti, industria, agricoltura – segue un percorso compatibile con il limite di 1,5 gradi. Per l’Italia, accelerare su rinnovabili, efficienza energetica e mobilità elettrica è la condizione minima per non restare indietro.
A rendere più urgente il quadro c’è la prossima Cop30, che si terrà in Brasile. Meno della metà dei Paesi ha presentato piani nazionali aggiornati, e la maggior parte non è in linea con le traiettorie climatiche sicure. Senza meccanismi di controllo, trasparenza e sanzioni, le promesse rischiano di restare sulla carta.
In sintesi: tornare entro 1,5 °C non è un sogno irraggiungibile, ma una corsa contro il tempo che richiede un cambio di passo immediato.
