16.10.2024
Harris non è la prima. Nel 1972, fu un’altra donna di colore a tentare la candidatura alle presidenziali. Ma non riuscì ad aggiudicarsi le primarie del Partito Democratico. Il passato della guida dell’America con miti femminili e multietnici è ricco di storia. Il famoso soffitto di cristallo fu infranto in varie occasioni.
Kamala Harris ha fatto storia diventando la prima candidata multietnica alla presidenza degli Stati Uniti, ma non è stata la prima donna a provarci. Oltre 50 anni fa, il famoso soffitto di cristallo fu infranto, in parte, da Shirley Chisholm, politica e attivista statunitense, membro della Camera dei Rappresentanti per lo stato di New York e prima donna nera eletta al Congresso. In parte perché, nel 1972, dopo una candidatura alla Casa Bianca lanciata l’anno prima, non riuscì ad aggiudicarsi le primarie del Partito Democratico.
Nata a Brooklyn nel 1924 da genitori immigrati, il padre era originario della Guyana britannica mentre la madre delle Barbados, dopo una master in educazione elementare alla Columbia University e una carriera da insegnante, la Chisholm si lanciò nell’attivismo politico unendosi alla League of Women Voters, la NAACP, ossia la National Association for the Advancement of Colored People (Associazione nazionale per la promozione delle persone di colore) e il club del partito democratico del quartiere di Bedford-Stuyvesant a Brooklyn. Nel 1964 si candidò e divenne la seconda persona di colore è servire nella legislatura dello stato di New York. Quattro anni dopo, nel 1968, divenne la prima donna di colore a sedere a Capitol Hill (sede del Congresso Usa a Washington D.C., ndr). Nota per le sue straordinarie capacità di “debate”, di discutere, e soprannominata alla Camera “Fighting Shirley’”, la deputata fece della lotta alla disuguaglianza sociale e razziale il suo cavallo di battaglia. Condusse invece la sua campagna presidenziale con lo slogan, ‘Unbought and Unbossed’ (senza un padrone e non comprata da nessuno). Purtroppom a mettere i bastoni tra le ruote ci fu sempre lo spettro della discriminazione, oltre a tre tentativi di omicidio.
Chisholm fu persino bloccata dal partecipare nei dibattiti televisivi per le primarie e solo dopo aver fatto causa ai principali network televisivi le fu concesso un solo discorso. Con la sua campagna riuscì a partecipare a 12 primarie e si aggiudicò 152 delegati, pari al 10% del totale per ottenere una candidatura. Non fu abbastanza e alla fine fu costretta a gettare la spugna. Come candidato per il partito democratico fu scelto il senatore George McGovern, a sua volta sconfitto nella corsa dal repubblicano Richard Nixon. Dopo aver messo da parte le sue aspirazioni presidenziali, Chisholm rimase al Congresso per altri undici anni. Andò in pensione nel 1983. Negli anni successivi tornò alla sua vecchia passione, l’insegnamento e nel 1993 l’allora presidente Bill Clinton la nominò ambasciatore degli Stati Uniti in Giamaica. Fu tuttavia costretta a rinunciare a causa delle sue condizioni di salute. Lo stesso anno fu introdotta nella National Women’s Hall of Fame. Morì nel 2001 in Florida. Nel 2015, il presidente Barack Obama le conferì, post mortem, la Presidential Medal of Freedom, il più alto riconoscimento civile in Usa.
La Chisholm ha anche ispirato anche diversi film, l’ultimo in ordine di tempo, “Shirley”, scritto e diretto da John Ridley con Regina King nel ruolo da protagonista. La pellicola è disponibile su Netflix.
Credito fotografico: nettiebeatrice