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Cronaca

Ricompaiono i castori in Italia, dopo 500 anni

05.11.2023

Uno dei cambiamenti che la natura ci ha portato ultimamente riguarda i castori europei. Animali estinti dal nostro territorio centinaia di anni fa, ma secondo le verifiche sono ritornati a farsi vedere. Perché erano scomparsi, dove stanno e quali sono le conseguenze di questa bella apparizione secondo la scienza.

La natura sta attraversando importanti cambiamenti negli ultimi anni, ma questo non rappresenta sempre e necessariamente una cattiva notizia. Per esempio, solo in tempi recentissimi l’Italia è tornata a popolarsi di castori europei, animali che sul nostro territorio mancavano addirittura da oltre cinque secoli. La loro presenza non poteva risultare inosservata agli occhi della scienza, che ha provato anche a stabilire in che modo il loro ritorno possa incidere con il nostro ecosistema.

La presenza del castoro in Italia è stata verificata e studiata dai ricercatori dell’Università Statale di Milano e dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iret). I risultati dei loro studi sono stati pubblicati su Animal Conservation, dove si è parlato dei motivi della precedente estinzione (perdita di habitat, ma soprattutto caccia) e sono stati raccolti tutti i dati di presenza attualmente disponibili.

Il castoro è tornato a farsi vedere in Italia dopo più di 500 anni tramite un fenomeno di “espansione naturale”, spostandosi quindi in maniera autonoma dall’Austria verso Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia. Quando è presente in Regioni più lontane, come Toscana, Marche o Umbria, è invece possibile che si sia trattato di una reintroduzione di origine umana (peraltro non autorizzata). Importante anche stabilire quale sia l’idoneità ambientale per il castoro nel nostro Paese, le aree in cui potrebbe espandersi in futuro e anche se questo fenomeno possa provocare conflitti con le attività umane. Tanto più che questa specie, come noto, è particolarmente attiva nella costruzione di tane e addirittura vere e proprie dighe. E questo potrebbe creare problemi all’agricoltura e grattacapi addirittura a livello idrogeologico.

A inquadrare la situazione è stato Mattia Falaschi, ricercatore zoologo dell’Università Statale di Milano e primo autore dello studio. «Ampie zone d’Italia risultano idonee per la stabilizzazione del castoro – sono state le sue parole riportate dall’agenzia Adnkronos – In particolare, in centro Italia abbiamo riscontrato un maggiore potenziale di espansione della specie. Le aree di potenziale conflitto con l’uomo sono maggiori in Trentino-Alto Adige, Toscana, Umbria e Marche, per la presenza di aree con piantagioni arboree o infrastrutture sensibili alle attività della specie. I modelli suggeriscono invece aree di potenziale conflitto molto limitate in Friuli-Venezia Giulia».

Unimi e Cnr-Iret hanno poi inquadrato ancora più nel dettaglio le possibili conseguenze di una presenza massiccia di castori nelle nostre vite: «Da una parte possono ridurre i rischi idraulici, mitigando l’intensità degli eventi di piena. Ma in altri le loro attività di foraggiamento e rosicchiamento rischiano di creare danni alle coltivazioni. La loro costruzione di tane e dighe può inoltre ridirezionare il flusso d’acqua causando danni ad infrastrutture umane come canali artificiali, strade e ponti. Nelle zone più a rischio è quindi cruciale attivare un attento monitoraggio».

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