18 Maggio 2024
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Salute, Sicurezza, Società

Santoni della comunicazione sì, ma non della salute pubblica

25.02.2024

Angelina Jolie al museo delle cere di Shanghai.

Angelina Jolie e Chiara Ferragni, due casi emblematici, diversi per natura e finalità, ma significativi dell’ampio potere mediatico dei personaggi pubblici nel campo della salute. Quando assisteremo alla regolamentazione delle attività promozionali degli influencer, fino ad oggi considerate come pubblicità e dunque al di fuori di ogni garanzia?

I tempi cambiano. Lo sgrammaticato “venghino signori, venghino” degli imbonitori da mercato fa persino sorridere se paragonato alle sottili tecniche di chi ha deciso di vendere il “prodotto salute”, irrompendo nel campo minato della sanità pubblica, una volta presidio esclusivo dei soli specialisti. Ma siamo nell’era della “competenza fai da te”, e allora si srotolano tappeti rossi ai guru 2.0: gli influencer. Anche un’operazione legata a un pandoro rosa griffato, venduto due volte e mezzo quello normale, per sostenere (nello specifico) la ricerca sull’osteosarcoma e sarcoma di Ewing e acquistare un nuovo macchinario (a fronte di una somma già stanziata a favore di un ospedale di Torino), celando una mossa truffaldina, non può mascherare (anzi) il sottile confine che separa la credulità dal suo contrario e la portentosa presenza dei nuovi santoni della comunicazione, capaci d’indirizzare le scelte delle persone. Così passare da un dolce ad un farmaco, è operazione istantanea tanto da far impallidire il gioco delle tre carte. Si è passati, d’emblée, sul fronte sanitario.

Quello degli influencer è un’area in forte espansione a tal punto che le società di prodotti legati alla salute, aprono le porte a schiere di “nuovi imbonitori”, per promuovere programmi dietetici, integratori, sigarette elettroniche, cibo spazzatura (ahinoi), etc., avendo pure suddiviso (secondo gli esperti di marketing digitale), l’area d’influenza in nano, micro, macro, mega, in funzione del numero dei loro follower, dai 1000 ai 500mila. Ne consegue che ad un numero maggiore di fruitori-clienti raggiungibili, proporzionato sia il compenso riconosciuto a chi influenza di più. Si stima, per esempio, che Chiara Ferragni guadagni circa 50.000 euro per ogni post pubblicato su Instagram, con punte di 75.000 euro. Emblematico, pure, il caso di Angelina Jolie, l’attrice, che attraverso un editoriale sul New York Times, condivise la scelta medica clamorosa di sottoporsi a una doppia mastectomia preventiva (alla luce d’un alto rischio di sviluppare un tumore, scoperto dopo test genetici), con l’effetto di produrre una vasta eco e conseguenze mirate: +285% di segnalazioni per tumori femminili e +80% di richieste di test specifici.

Due episodi diversi per natura e finalità, ma significativi dell’ampio potere mediatico dei personaggi pubblici nel campo della salute. Se in Italia, il mercato (termine quantomai appropriato) degli influencer sui social media ha un giro d’affari stimato in circa 280 milioni, a livello mondiale si superano i 14 miliardi. Specialmente ora che l’audience dei social network ha aperto nuove frontiere di promozioni commerciali, caratterizzate molto spesso da pura anarchia. Il concetto già di per sé vago di divulgazione trasforma in “consiglio per gli acquisti” un’esperienza personale, uno stile di vita, sponsorizzati (però) da brand di cliniche estetiche, di cosmetica, di integratori alimentari, capaci di amplificare i benefici di pratiche pseudo medicali sotto l’egida rassicurante di schiere agguerrite di medici senza laurea, ricercatori privi di titoli, giornalisti a-scientifici, e tutti quelli che millantano una specializzazione pur essendone privi. Se le forme di pubblicità occulte, menzognere, pervasive, investono la salute dei cittadini occorrerebbe vigilare e regolamentare. Più che contare sull’autodisciplina degli influencer o sull’umanità dell’algoritmo, preme costruire insieme un ecosistema sociale sicuro, affidabile, sano. Ma da noi i tempi sono biblici, si sa.

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