Un fiume di capitali – 227 miliardi di dollari – sta ridisegnando la mappa dell’energia. A investirli è la Cina. Non si limita a esportare pannelli solari e turbine eoliche: sta costruendo, pezzo dopo pezzo, un’architettura industriale per fornire energia pulita a basso costo ai Paesi che più ne hanno bisogno. È la maggiore trasformazione energetica degli ultimi decenni, e non è guidata – come praticamente è sempre stato da molti decenni – dalle capitali occidentali.
Secondo un nuovo studio del Net Zero Industrial Policy Lab della Johns Hopkins University, Pechino sta costruendo un vero e proprio impero industriale che si estende dall’Indonesia al Marocco, dal Medio Oriente all’Africa. Colossi del green tech come Catl, Byd e Trina Solar hanno annunciato stabilimenti in oltre 50 Paesi. In Indonesia sono in costruzione impianti per la raffinazione del nickel e linee per celle e moduli; in Marocco si sviluppano poli per materiali e progetti di idrogeno, grazie a risorse e logistica favorevoli; in Medio Oriente la produzione di moduli e di elettrolizzatori avanza rapidamente, spesso in joint venture sostenute da accordi governativi.
I risultati si vedono
I risultati si vedono. Le esportazioni cinesi di tecnologia solare hanno già tagliato le emissioni globali per un ammontare pari a diverse settimane di emissioni mondiali, secondo stime indipendenti. Il Pakistan, storicamente dipendente dal gas, ha chiesto di rinviare forniture di Gnl (a Eni) dopo l’aumento delle importazioni di tecnologie fotovoltaiche. Persino l’Arabia Saudita registra uno dei cali più rapidi nell’uso di petrolio per la generazione elettrica grazie ai parchi fotovoltaici che rimpiazzano generatori a olio combustibile.
L’effetto va oltre l’energia. In Africa, secondo l’analisi del think tank Ember sui dati doganali cinesi, le importazioni di pannelli sono cresciute del 60% tra luglio 2024 e giugno 2025. Venti Paesi hanno toccato massimi storici, con Sudafrica e Nigeria in testa. In diversi mercati emergenti la quota di solare in rete supera già il 9% del totale dell’elettricità, una soglia che negli Stati Uniti è stata superata solo di recente.
In media, circa due terzi dei mercati emergenti esaminati da Ember mostrano una penetrazione del solare superiore a quella statunitense, mentre un quarto sta elettrificando i consumi finali a ritmi più rapidi. L’adozione dei veicoli elettrici in Turchia, Indonesia, Malesia ed Emirati Arabi Uniti cresce a un ritmo pari o superiore a quello dei mercati sviluppati.
Chi va più veloce
Secondo il rapporto, il calo dei costi dell’energia prodotta dagli impianti eolici e solari made in China ha permesso a Paesi come Messico, Bangladesh e Malesia di superare gli Stati Uniti, negli ultimi anni, nell’uso di elettricità da fonti rinnovabili (anziché da combustibili fossili) per attività quotidiane come riscaldamento, raffrescamento e alimentazione dei veicoli.
Un discorso a parte va fatto per l’Africa. Oltre 600 milioni di persone nel continente non hanno accesso all’elettricità; i blackout sono comuni anche dove esistono allacci alla rete, circostanza che negli ultimi anni ha spinto imprese di ogni tipo a ricorrere a generatori diesel rumorosi e inquinanti.
Sudafrica e Nigeria, due delle maggiori economie africane, sono in testa. La Sierra Leone ha importato l’equivalente di oltre metà della sua attuale capacità elettrica totale, mentre il Ciad ha importato quasi la metà. L’Algeria, terzo importatore del continente, con ogni probabilità utilizza i moduli nei parchi solari in costruzione da parte di aziende cinesi. In altri paesi, invece, i pannelli solari si stanno diffondendo sui tetti di case e attività, sia nelle città che nei villaggi.
Gli investimenti nei grandi parchi fotovoltaici restano in ritardo. L’Agenzia Internazionale dell’Energia stima che quasi i due terzi degli investimenti energetici in Africa siano destinati a progetti di carbone, petrolio e gas. L’Africa dispone di molte risorse naturali utili tanto all’economia alimentata dai combustibili fossili quanto alla nuova economia dell’energia. Compagnie straniere, incluse quelle statunitensi, estraggono petrolio in Nigeria e Angola. La Cina sta costruendo un oleodotto in Uganda. Ha inoltre utilizzato le abbondanti risorse minerarie del continente per le tecnologie della nuova energia, tra cui il cobalto nella Repubblica Democratica del Congo e il rame in Zambia. Entrambi i Paesi hanno intensificato le importazioni di apparecchiature solari cinesi.
