17 Dicembre 2025
/ 17.12.2025

Se l’Europa sceglie di puntare sulle micro car elettriche

È un passaggio della proposta della Commissione meno discusso ma più strategico

La transizione ecologica è una questione essenzialmente tecnica ed economica perché in discussione è il come, non il se. E dunque andrebbe trattata come tale: si dovrebbe parlare dei costi e dei benefici legati a ogni mossa. Invece prevale la lettura politica che imprime a ogni passaggio una lettura da stadio: ogni volta una squadra vince e una perde, come se veramente un singolo governo potesse arrestare una trasformazione epocale come quella in cui siamo immersi. Prendiamo le auto elettriche. Gli ecoscettici e i governi che li appoggiano, a partire da quello italiano, hanno veramente vinto con la decisione della Commissione Europea di proporre una modifica dello stop alle auto a zero emissioni dal 2035?

Proviamo a giudicare partendo dai fatti. La proposta della Commissione prevede che il parco veicoli di ogni casa automobilistica entro il 2035 generi il 90% in meno di emissioni di anidride carbonica allo scarico. Il 90% invece del 100% precedentemente previsto. Che significa in termini pratici? Non c’è una proibizione secca di produrre un certo tipo di auto. In linea del tutto teorica nessuno vieta di produrre alcune auto a benzina o diesel. Ma mantenere un ciclo produttivo per un numero così ristretto di auto (per far rientrare il totale delle auto prodotte nel tetto del 90%) le metterebbe fuori mercato.

Più ragionevolmente Roberto Vavassori, presidente di Anfia (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica) sulle colonne del Corriere della sera ipotizza il numero di auto ibride compatibili con il paletto del 90%: per rispettare l’obiettivo è necessario che le emissioni medie dei veicoli viaggino “intorno agli 11 grammi di CO2 per km. Un veicolo Phev (ibrido plug in) emette circa 20-25 grammi di CO2 a km. Insomma, secondo le prime stime, nel 2035 almeno l’80-85% delle vendite dovrebbe in ogni caso riguardare le elettriche”.

Dunque la svolta verso l’elettrico è rallentata ma non messa in discussione per la buona ragione che questa è la scelta verso cui si sono già orientate le maggiori case automobilistiche nel mondo. In discussione è invece la divisione della torta del nuovo mercato. E, da questo punto di vista, appare molto più interessante un altro aspetto della decisione della Commissione: gli incentivi per le micro car elettriche europee. È previsto unsistema di “super-crediti” valido fino al 2034 per favorirne la produzione.

Se mettiamo assieme questa proposta e la decisione di Renault e Ford di unire le forze per produrre in modo congiunto due modelli di auto elettrica, cominciamo a intravedere qualcosa di più interessante di una sfibrante guerra per posticipare una decisione presentata come una catastrofe. Si può cominciare invece a delineare una risposta della Ue all’espansione cinese che, in assenza di efficaci contromisure, rischia di cancellare l’industria europea dell’automotive.

Sempre Vavassori fa notare che, in base alle previsioni, dei 90 milioni di auto vendute nel mondo nel 2025, un terzo saranno assorbite dal mercato cinese che è il più grande del mondo mentre a inizio secolo valeva il 2-3% del totale. E che ha già una capacità di penetrazione in Europa che è arrivata al 9% del mercato, con un trend di crescita molto veloce. Per l’Unione Europea trincerarsi sul bastione diroccato delle auto del ventesimo secolo sarebbe un suicidio economico.

Dunque la discussione andrebbe concentrata sulle strategie per rilanciare la capacità europea di produrre veicoli a zero emissioni allo scarico, che è l’unica maniera di ottenere un doppio risultato: difesa dell’ambiente, difesa dei posti di lavoro.

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