6 Novembre 2025
/ 6.11.2025

Senza Green Deal l’Europa non regge

A Ecomondo, tra geopolitica e nuove sfide, la transizione ecologica torna al centro della scena: una retromarcia ambientale indebolirebbe la capacità competitiva del continente

La fiera di Rimini, con i suoi 1.700 espositori provenienti da 66 Paesi, è il termometro di una partita economica e politica che riguarda il futuro dell’Europa. A Ecomondo 2025 gli Stati Generali della Green Economy hanno messo al centro la geopolitica della transizione ecologica, mentre sullo sfondo si agitano le pulsioni alla retromarcia che attraversano il Vecchio Continente.

“Per portare avanti la transizione serve un’Europa più unita, capace di superare le frammentazioni nazionali che ne limitano l’efficacia”, ha detto Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, aprendo la seconda giornata dei lavori. “Una vera transizione ecologica renderebbe l’Unione non solo più sostenibile, ma anche più forte sul piano economico e politico. Tornare indietro significherebbe indebolire il modello europeo”.

La transizione come geopolitica

Il contesto globale è tutto fuorché neutro. Mentre la nuova amministrazione Trump smantella le misure climatiche negli Stati Uniti, la Cina accelera la conquista dei mercati green: oltre il 40% della capacità installata mondiale di eolico e fotovoltaico, più dell’80% della produzione di moduli solari e batterie per veicoli elettrici. “Un rallentamento europeo nella corsa verso i mercati verdi significherebbe regalarle ulteriore vantaggio”, ha osservato Ronchi.

La fotografia presentata a Rimini mostra un’Europa in chiaroscuro. Tra il 1990 e il 2023 le emissioni di gas serra sono diminuite del 37%, ma nel 2024 l’Ue ha speso ancora 375,9 miliardi di euro per importare combustibili fossili. Intanto il continente si scalda più velocemente della media mondiale: il 2024 è stato l’anno più caldo da 100 mila anni, con 1,6 gradi in più rispetto all’era preindustriale. E gli eventi meteo estremi costano sempre di più: 738 miliardi di euro tra il 1980 e il 2023.

Sul fronte energetico, la svolta è in corso: nel 2024 il 47,4% dell’elettricità europea è arrivato da fonti rinnovabili, superando il 50% a metà 2025. La produzione solare è cresciuta del 22% in un anno, quella eolica ha raggiunto 477 TWh. Se entro il 2030 le rinnovabili arrivassero al 77%, il prezzo medio dell’elettricità potrebbe calare del 57%. Ma la transizione dei trasporti resta indietro: solo il 9,6% dell’energia usata nel settore è rinnovabile, ben lontano dal target del 29%.

Economia circolare e materie prime critiche

La produttività delle risorse nell’Unione è cresciuta del 37% in cinque anni, e il riciclo dei rifiuti urbani è salito al 48%, ma il tasso di utilizzo circolare dei materiali è fermo all’11,8%. “È una soglia troppo bassa per un continente che importa il 52% dei minerali metalliferi e dipende per 34 materie prime critiche, in gran parte dalla Cina”, avverte Ronchi. Una sfida industriale determinante: senza una filiera europea di batterie, pannelli e componenti green, l’Europa rischia di perdere posizioni.

Ma ci sono anche campi in cui l’Italia fa scuola: nel 2024 ha riciclato il 76,7% degli imballaggi immessi sul mercato, contro l’obiettivo europeo del 70% fissato per il 2030. “Il Green Deal, depurato di un eccesso di burocrazia che rallenta l’Europa, offre ampie possibilità di crescita al sistema delle imprese italiano”, sintetizza Riccardo Giovannini, fondatore e ceo di iSustainability, società specializzata nella consulenza in tema di sostenibilità. “E i manager lo sanno. Secondo la ricerca che abbiamo appena curato come iSustainability, la riduzione degli impatti ambientali e l’aumento del valore economico delle aziende viaggiano a braccetto. Due imprese su tre sono convinte che se non migliorano l’impatto ambientale avranno un problema di competitività e di posizionamento sul mercato entro 5 anni”.

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