2 Maggio 2025
/ 30.04.2025

Siberia, il suolo ghiacciato si scioglie sotto le città

Oltre il 40% degli edifici nelle zone di permafrost mostra segni di deformazione. E il carbonio contenuto nel terreno esce rendendo il caldo ancora più caldo

Nel cuore della Yakutia, regione sconfinata dell’estremo oriente russo, la terra si solleva e si spacca, mutando sotto gli occhi delle comunità locali. Cumuli di terra simili a panettoni innevati, detti bylar in lingua yakuta, punteggiano sempre più fittamente il paesaggio. Sono il segno evidente di un fenomeno che sta accelerando con inquietante rapidità: lo scioglimento del permafrost, il terreno che dovrebbe restare ghiacciato per tutto l’anno. In realtà, secondo gli scienziati russi, si sta scongelando a ritmi sempre più sostenuti a causa del riscaldamento globale, alterando la morfologia del territorio e minacciando le infrastrutture costruite sopra di esso.

Alla fine dell’inverno, quando le temperature restano ancora sotto i -20°C, i poligoni formati dallo scioglimento del ghiaccio sotterraneo — un processo chiamato termocarso — emergono in tutta la loro evidenza. Nikita Tananaev, direttore del laboratorio climatico dell’Università Federale del Nord-Est a Jakutsk, spiega che “la sommità di questi rilievi rimane stabile, mentre gli spazi fra di essi sprofondano, creando deformazioni del terreno visibili anche a occhio nudo”.

Case instabili e città a rischio

Il fenomeno non riguarda solo i campi o le zone rurali. A Jakutsk e nei centri abitati circostanti, come Tchouraptcha, il suolo instabile sta diventando un problema serio anche per gli edifici. Quasi tutte le costruzioni della regione poggiano su palafitte che affondano nel permafrost, ma con lo scioglimento progressivo del terreno, anche queste fondamenta diventano vulnerabili. Mura che si crepano, pavimenti che cedono, palazzi inclinati: a detta di Mikhaïl Kouznetsov, responsabile dell’Agenzia federale per lo sviluppo dell’Est russo, “oltre il 40% degli edifici nelle zone di permafrost mostra segni di deformazione”.

Innokenti Posselski, un giovane residente di Tchouraptcha, racconta di aver trovato venti dossi nel terreno su cui ha costruito casa appena un anno fa. “Quarant’anni fa qui c’era un aerodromo e il terreno era piatto. Oggi tutto è irregolare”, spiega. Il suo racconto è simile a quello di tanti altri cittadini della regione, costretti ad affrontare un paesaggio che si sta liquefacendo sotto le fondamenta.

Riscaldamento senza precedenti

I dati climatici confermano che il permafrost sta cedendo per colpa di un riscaldamento sempre più marcato. In Yakutia, le temperature medie sono aumentate di 1,5°C negli ultimi trent’anni, con picchi fino a 2°C in alcune zone. Un esempio emblematico: a gennaio 2024, Jakutsk ha registrato una temperatura massima di -8°C, un’anomalia estrema rispetto alla media stagionale di -40°C. Si è trattato del gennaio più caldo mai registrato nella regione, un dato coerente con le statistiche globali.

Secondo Copernicus, il programma europeo di osservazione della Terra, il 2023 e il 2024 sono stati gli anni più caldi mai registrati sulla Terra. E secondo i dati paleoclimatici, basati su carote di ghiaccio e sedimenti marini, non si toccavano temperature simili da almeno 120.000 anni. Il riscaldamento è causato in larga parte dalle emissioni di gas serra, prodotte soprattutto dalla combustione di carbone, petrolio e gas. In questo quadro, la Russia gioca un doppio ruolo: è uno dei Paesi più vulnerabili al cambiamento climatico ma anche il quinto maggiore produttore di emissioni a livello mondiale.

Il pericolo invisibile sotto i ghiacci

Il permafrost non è solo una questione di suolo instabile. Si tratta di un gigantesco serbatoio di carbonio. Secondo il National Snow and Ice Data Center, nei suoi strati ghiacciati sono intrappolati oltre 1.500 miliardi di tonnellate di carbonio, più del doppio della quantità presente attualmente nell’atmosfera. Quando il ghiaccio si scioglie, questi gas — in particolare metano e anidride carbonica — vengono rilasciati, alimentando il riscaldamento globale. È un ciclo pericoloso: più fa caldo, più permafrost si scioglie, più gas serra vengono liberati, e più il clima si riscalda.

L’Ipcc (il comitato scientifico dell’Onu sul clima) ha definito il permafrost “una delle grandi incognite del sistema climatico”, proprio perché il suo scioglimento potrebbe innescare punti di non ritorno, con effetti a catena sull’intero equilibrio atmosferico del pianeta. Gli studiosi temono che, una volta superata una certa soglia, il processo possa diventare irreversibile anche con una riduzione drastica delle emissioni umane.

Un problema locale, una crisi globale

Quanto sta accadendo in Siberia è un drammatico campanello d’allarme per il mondo intero. Il collasso del permafrost non riguarda solo una remota regione della Russia, ma è il segnale tangibile di una crisi climatica che si aggrava e si estende a ogni latitudine. Le immagini dei dossi nei campi, delle case inclinate, dei suoli che affondano non sono semplici curiosità geografiche: sono le crepe visibili di un sistema planetario che si sta incrinando.

Per affrontare il problema servono azioni coordinate su scala globale: riduzione delle emissioni, transizione energetica, monitoraggio continuo del permafrost attraverso satelliti e sensori termici. La posta in gioco non è solo la stabilità della Siberia, ma quella dell’intera atmosfera terrestre.

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