13 Novembre 2025
/ 13.11.2025

Smog e cuore: l’aria sporca accende l’allarme rosso

Uno studio del Politecnico di Milano svela la relazione diretta tra picchi di inquinamento e arresti cardiaci. La Lombardia è in prima linea.

In Lombardia, non è solo l’aria a farsi pesante: lo diventa anche il rischio di un arresto cardiaco. A dirlo è un lavoro scientifico del Politecnico di Milano appena pubblicato su Global Challenges. Lo studio mette nero su bianco quello che i medici sospettavano da anni: quando lo smog sale, il cuore è in pericolo.

Il gruppo di ricerca ha scandagliato 37.613 casi di arresto cardiaco extraospedaliero registrati tra il 2016 e il 2019, incrociando ogni episodio con le concentrazioni di inquinanti rilevate grazie ai dati satellitari del programma Copernicus dell’Esa. Ne esce un quadro chiaro e, diciamolo, piuttosto inquietante.

La pistola fumante

La “pistola fumante” è il biossido di azoto: per ogni aumento di 10 microgrammi al metro cubo, il rischio di arresto cardiaco sale del 7% nelle 96 ore successive. E non va meglio con le polveri sottili: il Pm₂.₅ aumenta il rischio del 3% e il Pm₁₀ del 2,5% già nello stesso giorno in cui l’aria si satura.

Le aree urbane sono le più esposte, com’era prevedibile, ma la sorpresa è che l’effetto si vede anche nelle zone rurali. E si intensifica nei mesi caldi, dove smog e calore rendono l’atmosfera ancora più insidiosa. Un dato colpisce più degli altri: l’associazione tra aria sporca e rischio cardiaco si osserva anche sotto i limiti di legge. Tradotto: non esiste una soglia davvero sicura.

Il quadro, spiegano gli autori dello studio, è un campanello d’allarme per chi gestisce la sanità pubblica. Perché quando l’inquinamento decolla, il sistema di emergenza potrebbe trovarsi davanti un’impennata di chiamate. Meglio saperlo in anticipo che scoprirlo quando le ambulanze sono già tutte fuori.

Un progetto dell’Agenzia spaziale europea

Non è un problema solo locale. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ricorda da anni che l’inquinamento atmosferico è uno dei principali fattori di rischio ambientale per le malattie non trasmissibili, responsabile di milioni di morti ogni anno. La Lombardia, con la sua densità abitativa e industriale e gli inverni “a coperchio chiuso”, è un laboratorio naturale per capire cosa succede quando qualità dell’aria e salute si incrociano.

Proprio per migliorare la capacità di previsione nasce oggi Clima-Care, un nuovo progetto finanziato dall’Agenzia spaziale europea. L’obiettivo è usare i dati satellitari per anticipare gli effetti delle condizioni ambientali sulla salute pubblica e sui servizi di emergenza. Un lavoro che coinvolge, oltre al Politecnico, anche il Dlr tedesco e il Group on Earth Observation coordinato dalla Wmo. Se il clima cambia, cambia anche il modo in cui ci ammaleremo. Meglio prepararsi.

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