A Napoli, durante la decima edizione dell’Italian Business & Sdgs Annual Forum promosso da UN Global Compact Network Italia, è emerso un messaggio netto: la sostenibilità non è più un tema accessorio per le imprese, ma una condizione essenziale per la competitività e la crescita economica. L’incontro ha sancito un cambio di prospettiva: integrare obiettivi ambientali, sociali e di governance non è più un atto di responsabilità morale, ma un fattore strategico di sviluppo.
Nel corso del Forum è stata presentata la nuova strategia al 2030 di Ungcn Italia, che punta a rafforzare il ruolo delle imprese nel raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Il piano si fonda su un approccio più personalizzato nell’accompagnare le aziende, su azioni collettive per affrontare temi cruciali come il cambiamento climatico, la parità di genere e la finanza sostenibile, e sulla costruzione di un vero e proprio “business case” della sostenibilità: dimostrare che la sostenibilità conviene, e non solo in termini reputazionali. Fare bene significa, oggi più che mai, fare meglio dal punto di vista competitivo.
Le sei grandi transizioni
Il Forum ha inoltre richiamato le sei grandi transizioni individuate dalle Nazioni Unite come imprescindibili per centrare gli obiettivi dell’Agenda 2030: la trasformazione dei sistemi alimentari, la diffusione delle energie rinnovabili, la riduzione delle disuguaglianze digitali, l’accesso a istruzione e lavoro dignitoso, la protezione della biodiversità e la produzione responsabile. Si tratta di linee di azione globali che trovano nelle imprese un attore decisivo: il mondo produttivo, in questa visione, è chiamato non solo a ridurre i propri impatti, ma a generare valore condiviso per le comunità e per il Pianeta.
Un punto centrale del dibattito è stato il ruolo delle piccole e medie imprese, spina dorsale dell’economia italiana. Cresce tra le Pmi la consapevolezza che la sostenibilità sia una leva di innovazione, formazione e competitività, ma rimangono nodi da sciogliere. Molte faticano ancora ad accedere a strumenti finanziari adeguati e a competenze tecniche capaci di accompagnare il cambiamento. L’interesse c’è, ma servono politiche e reti di supporto per far sì che la transizione sostenibile non resti privilegio delle grandi aziende.
Le nuove regole
Il contesto normativo europeo è stato un altro tema chiave. Le nuove regole sulla rendicontazione di sostenibilità e sulla trasparenza delle filiere non devono essere viste come un fardello burocratico, ma come un’opportunità per costruire modelli più solidi e competitivi. Secondo il Global Compact, la rendicontazione Esg deve evolvere da semplice adempimento formale a strumento di guida strategica, capace di orientare le decisioni e misurare gli impatti reali. In questo senso, la sostenibilità diventa un’infrastruttura di impresa, non un capitolo di bilancio da compilare a fine anno.
Il presidente di Ungcn Italia, Filippo Bettini, ha ricordato che il settore privato ha oggi una responsabilità e un potenziale straordinari nel contribuire agli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Per la direttrice esecutiva Daniela Bernacchi, non si tratta più di una scelta accessoria o di un esercizio di compliance, ma di una condizione imprescindibile per affrontare le sfide del presente e costruire modelli di crescita inclusiva, resiliente e competitiva. Anche Chiara Marciani, assessora al Comune di Napoli, ha sottolineato che la sostenibilità rappresenta ormai una responsabilità collettiva, che coinvolge anche — e soprattutto — il settore privato.
La misura della modernità
Le parole sono chiare, ma la strada resta impegnativa. Il percorso verso un’economia sostenibile richiede investimenti, cultura aziendale, visione di lungo periodo. Non basta cambiare linguaggio o inserire un capitolo “green” nei report: serve ripensare il modo stesso di produrre, collaborare e generare valore. Le imprese italiane, come mostra il Forum, hanno imboccato la direzione giusta, ma la sfida è passare dalla dichiarazione all’azione.
La sostenibilità, in conclusione, è diventata la misura della modernità economica. Chi saprà farne la bussola della propria strategia sarà più forte nei mercati globali, più solido di fronte ai rischi, più credibile verso i cittadini e i territori.
