17 Luglio 2025
/ 16.07.2025

Sotto il mare, il sole

Celle solari a perovskite per l’energia subacquea. Una ricerca italiana dimostra che i pannelli solari possono funzionare anche in acqua. E potrebbero rivoluzionare le tecnologie marine, dall’agricoltura all’invecchiamento del vino

Che l’energia solare fosse una risorsa versatile, lo si sapeva. Ma che potesse spingersi fino al fondo del mare, è una novità. Una nuova ricerca guidata da istituti del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), dall’Università di Roma Tor Vergata e dalla società BeDimensional Spa, ha dimostrato che le celle solari a perovskite possono funzionare in modo efficiente anche sott’acqua. Pubblicato sulla rivista Energy & Environmental Materials, lo studio apre scenari finora impensabili: dall’alimentazione di sensori marini all’agricoltura sottomarina, fino a nuove applicazioni nel campo della blue economy.

La scommessa dei ricercatori è stata quella di testare il comportamento di una particolare perovskite – la FAPbBr₃ – in ambiente acquatico. E i risultati hanno sorpreso anche i più ottimisti: non solo la cella ha continuato a produrre energia, ma immersa nei primi centimetri d’acqua ha funzionato persino meglio che all’aria. A rendere possibile tutto questo è un mix di fattori fisici: la capacità della perovskite di assorbire la luce blu-verde, l’unica che riesce a penetrare sotto i 50 metri di profondità, e l’effetto rinfrescante dell’acqua che contribuisce a migliorare l’efficienza del dispositivo.

Dalle serre ai fondali

Oggi l’energia solare è dappertutto: sui tetti, nei campi fotovoltaici, sulle facciate degli edifici, perfino nello spazio. Ma il mare, finora, era rimasto fuori da questo sviluppo. “Il nostro studio – spiega Jessica Barichello, ricercatrice del Cnr-Ism e coordinatrice del progetto – mostra che le celle solari a perovskite non solo sopravvivono in acqua, ma funzionano meglio. L’acqua raffredda il dispositivo e ne aumenta le prestazioni, e il nostro incapsulamento ha retto perfettamente anche in acqua salata, limitando al minimo il rilascio di piombo”.

La tenuta ambientale non è un dettaglio secondario, soprattutto se si pensa a un utilizzo su larga scala in mare. Il team ha infatti verificato che, dopo dieci giorni di immersione in acqua salata, le celle hanno rilasciato solo tracce minime di piombo, ben al di sotto dei limiti per l’acqua potabile, grazie a un innovativo adesivo idrofobico sviluppato da BeDimensional.

Dall’energia alla sostenibilità

Anche Fabio Matteocci, professore associato al Dipartimento di Ingegneria elettronica di Tor Vergata, sottolinea la portata innovativa dello studio: “Abbiamo validato l’intero processo in laboratorio, a partire dalla tecnologia fotovoltaica semitrasparente che normalmente sviluppiamo per applicazioni edilizie. È la prima volta che testiamo questi materiali in ambiente subacqueo, e i risultati sono incoraggianti”.

Il passo successivo sarà capire come integrare questa tecnologia in sistemi subacquei reali. Non si parla solo di alimentare sensori oceanografici o dispositivi scientifici, ma anche di supportare attività sempre più diffuse come l’allevamento di alghe, l’agricoltura marina o il curioso ma crescente fenomeno dell’invecchiamento del vino in fondo al mare. Oltre che, ovviamente, contribuire alla transizione energetica in ambienti ostili e isolati, dove portare l’elettricità è costoso o logisticamente complesso.

La sfida della perovskite

Le celle solari a perovskite sono da tempo considerate una delle tecnologie più promettenti per il futuro del fotovoltaico. Economiche da produrre, leggere e ad alta efficienza, hanno però avuto finora un punto debole: la stabilità nel tempo, soprattutto in ambienti umidi. Lo studio italiano dimostra che, almeno per alcune formulazioni e con i giusti accorgimenti, è possibile superare anche questo limite.

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