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Economia

Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch al giudizio dell’Italia

04.11.2023

Lo spauracchio “declassamento” ci accompagna da sempre nel periodo in cui le agenzie di rating mettono l’Italia sotto esame. Il nostro Paese attende una nuova “valutazione del debito italiano”. Che cosa è il rating e come può essere una minaccia per le nostre casse?

Ciclicamente negli ultimi anni si ripresenta intorno all’Italia la minaccia del rating e soprattutto lo spauracchio di un “declassamento”. Sta succedendo anche in queste settimane, dopo che il 20 ottobre Standard & Poor’s ha annunciato un nuovo periodo di “valutazione del debito italiano”. E non è finita qui, perché prossimamente sarà la volta delle altre principali agenzie che hanno tra gli altri questo compito: il 10 novembre sarà infatti il turno di Fitch e il 17 toccherà a Moody’s. Ma in che cosa consiste questa procedura? E perché è tanto attesa dal mondo dell’economia e temuta da uno Stato come il nostro?

Per rispondere a queste domande è indispensabile inquadrare il concetto di rating e il suo funzionamento. Tanto per cominciare sottolineiamo che non riguarda per forza il debito sovrano di uno Stato. Si tratta infatti del livello di rischio finanziario e di quello di credito (o «di insolvenza») che si assume chi acquista un qualsiasi bond, o obbligazione (che può essere un titolo di Stato, ma anche emesso da società private). A valutare il livello di rischio sono le agenzie di rating, private e quindi in possesso di sistemi di calcolo e classificazione con piccole, possibili differenze tra loro.

Ora cerchiamo di inquadrare in maniera più chiara questi concetti. Partiamo dai titoli di credito che di fatto determinano il livello di rating: i bond. Si tratta di una forma di investimento: il loro possessore presta per un determinato periodo una somma all’emittente (che quindi ha un credito nei suoi confronti), poi alla scadenza dei tempi previsti da contratto ha diritto a ottenere il rimborso del capitale versato, insieme a una quota di interessi.

Nella sostanza, quindi, chi emette un bond (in questo caso l’Italia) contrae un debito. Il rating è il sistema che aiuta a capire quante probabilità ci sono che questo debito sia rimborsabile entro i limiti del contratto, senza inadempienze. Quindi più vicini si è alla AAA, maggiori sono le possibilità che la cifra sia ripagata. Più si scende verso i livelli B, C o inferiori, maggiori sono i rischi di insolvenza.

Chi acquista un titolo di Stato investe sul debito sovrano di un Paese, quest’ultimo dispone temporaneamente di un capitale che a sua volta può investire. Dovendo però restituire la quota iniziale. Le agenzie di rating valutano le possibilità che questa restituzione avvenga entro le scadenze, onorando quindi l’impegno. Ciò è frutto di complessi calcoli, che tengono anche conto delle politiche in corso nel Paese di riferimento. Tipicamente il livello BBB rappresenta una sufficiente garanzia che il proprio investimento sia sicuro. Se si va al di sotto, il rischio è considerato alto: sarà più difficile quindi trovare qualcuno che investa sul proprio debito, e se lo fa bisognerà garantire maggiori interessi.

Ecco perché è fondamentale che il debito dell’Italia non scenda sotto la BBB (ultima valutazione di Standard & Poor’s e Fitch) o la Baa3 di Moody’s. L’effetto sarebbe quello di non avere investitori sufficientemente fiduciosi: i famosi “mercati”, che tanto sembrano spaventarci.

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