1 Gennaio 2025
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Lavoro, Società

Studiare e lavorare nasconde un lato oscuro

11.05.2024

Molti gli studenti che si trovano nelle condizioni di farlo. Devono sostenere le spese dello studio, mettere dei soldi da parte ed essere autonomi dalla famiglia. Ma ora sono in diminuzione per la condizione economica legata alla disuguaglianza sociale. Quanti sono e quali lavori scelgono? Analisi e risposte.

Tra ottobre 2023 e gennaio 2024 l’Unione degli Universitari (UDU), insieme a CGIL e Fondazione di Vittorio, ha condotto l’indagine “Studiare e lavorare”, che analizza, mediante la somministrazione di 13mila questionari, il fenomeno degli studenti-lavoratori in Italia oggi. Una attenzione particolare è riservata a motivazioni e aspettative degli studenti e delle studentesse coinvolte in questo tipo di esperienza. A fine aprile i risultati sono stati presentati alla Camera. Stando al report, nello status di studente-lavoratore rientrano 365mila persone, ossia il 17% del totale degli universitari. Gli under30 sono 242mila. Per molti svolgere contemporaneamente attività di studio e lavoro non è una scelta autonoma, dettata da obiettivi di carriera, ma rappresenta una necessità, il modo per far fronte all’aumento del costo della vita, degli alloggi e delle contribuzioni universitarie. Gli obiettivi primari, infatti, sono mettere dei soldi da parte (67,4%), essere autonomi dalla famiglia (66,2%), sostenere le spese dello studio (56,8%).

Nelle fasce più giovani (sotto i 34 anni), si concentrano gli studenti impegnati nella ristorazione e nel commercio (più del 30%); gli altri settori di impiego sono quelli dell’istruzione, della sanità e dei servizi sociali (19%). Dei partecipanti all’indagine, il 65,3% si dice insoddisfatto del proprio impiego, influenzato da fattori come la retribuzione (più della metà guadagna meno di 1000 euro netti, con forti differenze di genere), l’organizzazione e il carico di lavoro (prevalgono lavori svolti durante tutto l’anno, con turni nei fine settimana e nei festivi), le prospettive di carriera. Quest’ultimo aspetto si riflette nella bassa coerenza che c’è tra il lavoro svolto e il percorso di studio seguito: è così per il 56,9%. La criticità più grande sta nella difficoltà a far conciliare tempi di studio e lavoro. Il 37,9% non riesce a frequentare le lezioni e il 36% ha “molte difficoltà” a sostenere gli esami. Di conseguenza, ciò che preoccupa di più è la possibilità di andare fuori corso, rallentare il conseguimento del titolo e pagare tasse più alte: una prospettiva che genera ricadute anche sul piano sociale e sul benessere psico-fisico.

Gli universitari che lavorano sono un fenomeno strutturato e non recente. Nella IX Indagine Eurostudent (2019-2021) si riporta che «uno studente ogni quattro ha un lavoro retribuito». Il dato è stabile rispetto l’ultimo triennio precedente l’indagine e, nel complesso, in lieve riduzione rispetto al passato. La tendenza è confermata anche dal Rapporto AlmaLaurea sul Profilo dei Laureati 2023 (dati del 2022) ed è ricondotta alla situazione di crisi economica e agli alti tassi di disoccupazione, che interessano anche gli studenti-lavoratori. Per spiegare questo calo, però, andrebbe considerato anche un altro aspetto, ossia la condizione socioculturale della popolazione universitaria, che mostra la disuguaglianza sociale che c’è di fondo nell’accesso allo studio. Perché chi lavora durante gli studi è spinto principalmente da ragioni economiche e proviene da famiglie con un’istruzione medio-bassa, infatti “più elevato è il titolo di studio dei genitori, minore è la percentuale dei laureati che hanno svolto un’attività lavorativa” (AlmaLaurea, 2022). E se si considerano le origini sociali di chi si laurea oggi, risulta essere sempre più alto il numero di quanti provengono da un contesto famigliare socioculturale elevato (almeno un genitore laureato), mentre diminuiscono i laureati di estrazione sociale più bassa. Un gap più evidente nei corsi magistrali e magistrali a ciclo unico, che richiedono un investimento economico più lungo.

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