31 Luglio 2025
/ 29.07.2025

Sui dazi Italia e Germania legano le mani all’Europa

La stretta di mano tra Ursula von der Leyen e Donald Trump nella cornice scozzese di Turnberry segna un punto di svolta nelle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Unione europea. Ma mentre la Commissione Ue rivendica il merito di aver evitato una guerra dei dazi, il continente si scopre diviso, nervoso, in alcuni casi apertamente ostile all’intesa. Non tanto per ciò che contiene – ancora poco chiaro, per ammissione degli stessi protagonisti – quanto per ciò che rappresenta: un possibile segno di debolezza strutturale dell’Europa di fronte all’approccio muscolare della diplomazia americana in chiave trumpiana.

L’accordo, definito dalla presidente von der Leyen come “una base per la stabilità transatlantica”, dovrà ora essere discusso e approvato dai 27 ambasciatori permanenti presso l’Ue. E proprio lì, nelle stanze riservate del Comitato dei Rappresentanti Permanenti, si prevede esploderanno le frustrazioni accumulate.

Parigi parla di “sottomissione”, Berlino di “danno economico”

A rompere per primi il silenzio sono stati i francesi. François Bayrou, premier in carica, ha definito il 25 luglio “un giorno buio”, denunciando una “sottomissione agli Stati Uniti” che tradisce l’idea stessa di sovranità europea. Non meno tagliente il commento del primo ministro ungherese Viktor Orbán: “Trump si è mangiato Ursula a colazione”.

In Germania, il cancelliere Friedrich Merz ha inizialmente accolto con favore l’intesa, sottolineando la necessità di preservare la stabilità del mercato. Ma nel giro di 24 ore, il tono è cambiato: “Non siamo soddisfatti – ha detto – la nostra economia subirà danni considerevoli”. Dalle imprese tedesche è arrivato un vero e proprio grido di allarme. La stampa economica ha raccolto reazioni che parlano di “umiliazione”, “disastro” e “perdita strategica”.

Il fronte del malcontento

In Italia, Confindustria ha quantificato in 22,6 miliardi di euro il potenziale impatto negativo dell’accordo sull’export. “Tutto ciò che va oltre lo zero è un problema”, ha dichiarato il presidente Emanuele Orsini, che invoca un nuovo piano industriale straordinario e una deroga al Patto di Stabilità anche per sostenere l’economia reale. Le stime di Confcommercio parlano di una perdita diretta da 8 a 10 miliardi nel 2025, mentre il turismo rischia di subire un contraccolpo per il calo previsto di 300mila arrivi dagli Usa.

Confartigianato, Coldiretti, Confcooperative, Cna, Legacoop e l’Unione italiana vini sono unanimi: l’accordo non sarà indolore. L’agroalimentare, i macchinari, il settore auto e il vino saranno tra i più colpiti, e si chiede una risposta europea rapida, concreta e finanziata.

Una trattativa sotto ricatto

Fonti diplomatiche citate da Bloomberg raccontano di una trattativa asimmetrica, nella quale i negoziatori europei non si sono sentiti pienamente sostenuti dai governi nazionali. Francia e Germania, pur critiche a livello mediatico, avrebbero in realtà legato le mani a Bruxelles per paura di provocare Trump. “Il punto di partenza era un dazio del 30%”, ha spiegato Maros Sefcovic, commissario al Commercio, “abbiamo evitato il peggio”.

Ma l’opinione pubblica e molti eurodeputati faticano a digerire un accordo che appare, più che una vittoria diplomatica, una resa negoziale. I Verdi, i Socialisti e i Liberali del Parlamento europeo lo definiscono “asimmetrico”, mentre Bernd Lange (S&D), presidente della commissione Commercio internazionale, accusa la Commissione di aver scolpito “l’irrilevanza politica dell’Ue nella pietra”.

Ursula von der Leyen isolata

Il patto di Turnberry ha infiammato anche lo scenario politico continentale. Il voto di fiducia alla Commissione von der Leyen, ottenuto nel luglio 2024 con una maggioranza trasversale, sembra ora lontano. Il fronte europeista vacilla, mentre i sovranisti sono divisi tra chi difende Trump e chi accusa la Commissione di inefficacia. Ursula von der Leyen si trova in mezzo, esposta a critiche da tutte le parti e sempre più isolata a pochi mesi dal suo discorso sullo Stato dell’Unione previsto a settembre.

Anche in Italia il governo appare spaccato. Giorgia Meloni parla di un’intesa ancora da valutare nei dettagli, ma difende la linea della “sostenibilità” dei dazi al 15%. Le opposizioni però insorgono: Giuseppe Conte grida alla “resa a Trump”, Elly Schlein chiede “compensazioni immediate”, mentre Matteo Renzi ironizza sulle “promesse mancate” della premier.

Tregua provvisoria

L’accordo non è ancora vincolante. Dovrà essere scritto, discusso, approvato. La Commissione ha già annunciato che sospenderà le contromisure europee dal 4 agosto, ma le misure restano “pronte e riattivabili”. Restano anche i dubbi su una possibile violazione delle regole del WTO, e sull’impatto della svalutazione euro-dollaro che, secondo alcuni analisti, potrebbe aumentare di fatto l’entità delle tariffe.

In sintesi, la tregua commerciale è servita, ma la tempesta politica è solo all’inizio. Se Turnberry doveva segnare la fine dell’incertezza, ha invece aperto un nuovo fronte di divisione, tra governi e imprese, tra Commissione e Parlamento, tra Bruxelles e le capitali europee. Il vero negoziato, forse, comincia adesso.

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