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Cultura, Eventi

Sulla fascinazione dickensiana di Natale

23.12.2024

Da aspra critica sociale nascosta fra le pieghe, il romanzo di Charles Dickens “Canto di Natale” si trasforma col tempo in un eccellente racconto sul grande avvento che parla di un viaggio nella solitudine. Carico di sincero realismo, indica le luci di una festa che accomuna tutti, ma alla quale molti non sono nemmeno invitati. Lettura natalizia.

Aveva avuto il coraggio di riaffermare il codice non scritto dei valori fondanti. Perché i bambini che spalavano la neve, quelli costretti a lavorare o a rubare per sopravvivere li aveva frequentati. Gli occhietti da affamati di chi guardava dalle finestre la preparazione di dolci e manicaretti che avrebbero allietato le tavole natalizie dei ricchi, li conosceva. Lui, Charles Dickens, che, nella rugginosa grande Londra Vittoriana delle strade strette e sporche, delle botteghe e case miserabili, a causa dell’incarcerazione per debiti del padre, era stato costretto a 11 anni a patire lo sfruttamento in una fabbrica, conosceva la ruvidezza ingrata della vita. Così, sulla scia della successiva fortunata dimensione letteraria, superando critiche sprezzanti, in controtendenza, i fili della fiaba lungo il tracciato di una semplice storia si erano intrecciati ad una critica sociale permeata di profonde riflessioni sui valori fondamentali della vita. Nasceva, nel 1843, Canto di Natale, in cui tutta la fascinazione dickensiana si dispiegava nel restituire il senso del tempo ai ricordi, attraverso gli odori, colori, immagini, luci di una festa che accomuna tutti, ma alla quale molti non sono nemmeno invitati.

O la disdegnano, come fa il protagonista, Ebenezer Scrooge, il ricco usuraio dal naso adunco, misantropo, ermeticamente chiuso nella sua avidità del capitale e dell’accumulo, incattivito dalla società dei ricchi fino alla negazione dei sentimenti: «Cos’è il Natale se non un giorno di scadenze quando non si hanno denari, un giorno in cui ci si ritrova più vecchi di un anno e neanche un’ora più ricchi?», rinfaccia a Fred, l’affettuoso nipote che gli fa gli auguri e tenta di invitarlo a cena in famiglia. Ma nella gelida notte londinese, in cui potenza e magia della vigilia simbolicamente uniscono tutti, lo scorbutico Scrooge, tra morale della moderazione cristiana e morale economica della soddisfazione smodata, compie un viaggio alla riscoperta di se stesso, guidato dall’apparizione di tre spiriti: il fantasma del Natale Passato lo riporta alla giovinezza con le scelte seguenti da uomo solitario; quello del Presente incolore (il suo) contrapposto alla gioia povera, ma sentita e amorevole di chi lo circonda (la festa in famiglia del suo impiegato Bob Cratchit) e il Natale del Futuro votato alla solitudine e alla dimenticanza. Un volo onirico intessuto di inquietudini che lo condurrà, al risveglio la mattina seguente, a sentirsi un uomo nuovo, dopo essere sprofondato nell’inferno della propria coscienza.

Si riconcilia con il mondo: riavvicina il nipote, dona somme di denaro ai poveri in strada e una fantastica festa al suo assistente. La conversione del vecchio taccagno si mostra in tutta la sua evidenza come una magica favola di redenzione, di speranza e umanità. La grande storia morale con le sue allegorie e riflessioni sulla condizione umana nel tempo si ricompone e mostra la possibilità di cambiare il proprio destino. Solidarietà e senso di comunità si allargano alla coscienza di chi abbraccia il Natale (alla stregua di Scrooge) come celebrazione dei valori umani più profondi. Dentro si agitano anche le nostre nostalgie e malinconie fagocitate da un mondo sempre più digitalizzato, dove i rovelli meccanici hanno sostituito i sentimenti, e il luccichìo delle vetrine e delle strade addobbate non riesce a celare le contraddizioni intrise di miseria e ignoranza rimbalzate dai social. E un filo sottile si riallaccia alle società transmultinazionali d’oggi, tutte intente a perseguire con accanimento guadagni a dispetto di dipendenti e natura. L’avidità ha sostituito la coscienza sociale. Un flash: il gelo degli emarginati nei fotogrammi di Robert Zemerick, non impedisce che la fiammella torni ad accendersi, per Scrooge, ma anche per noi.

Il suo viaggio è il nostro. Il Natale acquista un senso.

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