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Cultura

Tik Tok teatrale, e l’erba verde del vicino diventa rosso sangue

04.05.2023

Diavolerie tecnologiche e social, scene mediatiche più vere del vero. Il Teatro Manzoni di Milano cambia colore e intesse una storia esilarante, ricca di risate e mistero, ma pone quesiti irrisolti su esistenze dominate dall’invadenza dei social.

L’erba del vicino è sempre più verde” di e con Carlo Buccirosso.

Al Teatro Manzoni di Milano, dal  2 al 14 maggio.

Immerso in una cupa atmosfera noir, attraversata da brusche accelerazioni di senso e da un magma di eventi in continua ebollizione, anche il teatro sfiora il thriller, tingendosi di giallo. È quanto si percepisce nell’ultimo testo di Carlo Buccirosso, “L’erba del vicino è sempre più verde”,portato in scena con dettagli certosini, che rendono la sua drammaturgia sempre prodiga di segnali di rinnovamento, dentro un teatro asfittico e deprivato d’idee come l’attuale. L’alcova, un tempo nido d’amore tenero, lascia il posto ad uno spazio di libertà affrancato dalle catene di un rapporto diventato ammorbante.

La crisi coniugale di Mario (Buccirosso) si tramuta in disagio esistenziale, per questo funzionario di banca che vede sfilare la vita senza farla propria. Talché la frattura nei rapporti con la moglie (Maria Bolignano), petulante ed innamorata fino all’imposizione di catene (psicologiche, comportamentali), schiude le porte ad alternative impensabili. Avere un vicino di casa, vischiosamente ambiguo (il Lorenzo di Peppe Miale), offre àncora e modello da imitare, oltre a nuove occasioni d’incontro, a un corteggiamento soltanto agognato per un’avvenente giovane influencer (la vivida, trascinante Elvira Zingone): il contraltare di una interpretazione distorta della realtà. La stessa che si insinua nella mente di chi, come “Marittiello”, disorientato e indeciso a tutto, risucchiato da apparenze ed edonismo facile, vieppiù dominato dalla sindrome della “erba del vicino” perennemente verde e paradiso di (im)probabili sicurezze, conduce a una follia omicida montante nelle sue fantasie che aspirano a una realtà “altra”.

Con l’avvento di diavolerie tecnologiche e dei social, rapidissimi a innescare un meccanismo perverso in cui la realtà viene ricreata nella scena mediatica apparendo alla fine “più vera del vero”, in una iperrealtà esplicita, ma sempre più priva di senso, dove storie e piaceri artificiali ci separano dalle cose e dall’intimità del nostro essere. Il messaggio di Carlo Buccirosso, allora, serpeggiando tra risate a raffica e suspense, si fa strada, perché il suo teatro trova terreno fertile nell’evidenziare vizi, e virtù, paradossi e assurdità quotidiane, mettendo a nudo esistenze indifese e fragili, se non smarrite.

Mario, si perde. Sospinto dal piano propostogli dal vicino-amico (personaggio d’ombre e condotte poco trasparenti), perché il potenziale avvelenamento dell’ingombrante moglie, con la cicuta così simile al prezzemolo, significhi effettiva svolta in una vita condannata all’anonimato. Tik Tok, non è una sveglia, ma il segnale preciso di un cambiamento, che da lessicale, muta in esistenziale, tra liti, sbronze, furibonde dispute, con quella resa scenica incarnata da una compagnia di straordinaria efficacia, capace di animare una complessa macchina teatrale, attraverso un’ironia sfrenata e saporose sfumature dialettali partenopee, che partendo da un flash back iniziale (un cadavere avvolto in un tappeto) ripercorre una vicenda surreale ricca di sorprese. Volano a una serata accolta con calore e simpatia da un pubblico festante. Alla prima, molti dicono di aver intravisto, anche Alfred Hitchcock, sornione, nume tutelare delle scelte di Buccirosso e di questo teatro thriller-comico da brividi.

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