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Cronaca, Esteri

Tra vuoti di memoria e “bagni di sangue”

18.03.2024

Marine One atterra nel South Lawn della Casa Bianca.

Le elezioni USA sono nella morsa delle difficoltà cognitive dei due candidati. Dopo le sconcertanti perdite di memoria di Biden, il popolo americano si trova a rifare i conti con l’uso improprio del linguaggio di Trump, in un comizio in Ohio.

«Ora se io non sarò eletto, sarà un bagno di sangue per l’intera… quello sarà il meno. Sarà un bagno di sangue per il Paese». Pronunciando queste parole “sconnesse” in un comizio in Ohio, Donald Trump ha acceso i timori di un nuovo assalto al Congresso, qualora fosse sconfitto nelle elezioni presidenziali del prossimo 5 novembre. La frase, in realtà, si riferiva ai danni all’economia USA derivanti da una presunta invasione di auto cinesi prodotte in Messico, ma è bastata a far drizzare i capelli a molti commentatori. Pochi giorni prima, pronunciandosi sul ruolo di Trump nei fatti del 6 gennaio 2021, la Corte Suprema dominata dai repubblicani aveva abolito l’automatica incandidabilità federale di quanti hanno partecipato a insurrezioni contro lo Stato. Come non associarla all’incitamento preventivo a una nuova rivolta?

A parte l’esegesi dei suoi impetuosi discorsi, nei quali peraltro alcuni vedono segnali di difficoltà cognitive analoghe a quelle rinfacciate al presidente Joe Biden, nelle ultime settimane Trump ha registrato – oltre alla certezza matematica della candidatura, grazie alle vittorie nelle primarie – alcune vittorie legali. In Georgia, un tribunale ha ridotto i capi d’accusa contro di lui da 13 a 10, motivandolo con la vaghezza delle accuse. Subito dopo, la procura ha dovuto rinunciare al principale pubblico ministero, accusato di una relazione con la procuratrice Fani Willis. La Corte Suprema ha accettato di esaminare il ricorso sull’immunità totale del presidente, di fatto rinviando all’estate il dibattimento. A New York, infine, il processo per i fondi neri usati per comprare il silenzio della pornostar Stormy Daniels è stato rinviato per consentire alla difesa di esaminare migliaia di documenti che la procura federale ha versato in ritardo. Tutte cose che potrebbero aver rinforzato la tendenza di Trump a sentirsi al di sopra della legge. I guai giudiziari non sono però finiti. A giorni Trump dovrà trovare circa 450 milioni di dollari, sia che voglia presentare appello contro la condanna, sia che intenda pagare la giornalista E. Jean Carroll da lui prima abusata e poi diffamata. Una cifra enorme anche per l’ex presidente, la cui ricchezza è in gran parte immobiliare e quindi non liquida. Gli avvocati della Carroll sono già pronti a pignorare.

Soldi a parte, i rinvii potrebbero creare a Trump più problemi di quanto non sembri. L’addensamento di udienze nel periodo estivo, ovvero nell’ultima parte della campagna elettorale, potrebbe obbligarlo a scegliere tra comizi e difesa in aula. Peggio, dalle udienze uscirebbero fatti sgradevoli, aumentando la possibilità di una October surprise, come sono indicate nel gergo politico le novità spiacevoli all’ultimo momento. Mentre una grana in aprile potrebbe essere metabolizzata già in agosto, una in ottobre potrebbe essergli fatale. Le cartucce sparate contro Biden si sono frattanto rivelate a salve. Il principale informatore contro il figlio è stato arrestato come agente russo, e la deposizione di Hunter alla Camera è stata un autogol per i repubblicani. Proprio questo rende asimmetria giudiziaria rende nervoso Trump, costringendolo a toni sempre più minacciosi. Come appunto in Ohio, dove dopo il bagno di sangue ha profetizzato la fine della democrazia in caso di sconfitta: «Se questa elezione non verrà vinta, non sono sicuro che avrete mai un’altra elezione in questo Paese». Intendeva per mano di Biden, ma molti hanno capito il contrario.

Credito fotografico: foto ufficiale della Casa Bianca di Erin Scott

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