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Trump dà fiato a “Mega” di Orban, Ue rischia divisioni a Budapest

06.11.2024

Dopo la vittoria repubblicana domani il summit della comunità politica europea

Budapest, 6 nov. (askanews) – Le inquietudini si erano manifestate sin da quando, mesi fa, il primo ministro ungherese Viktor Orban, detenendo il suo paese la presidenza di turno dell’Ue, aveva deciso di fissare la riunione della Comunità politica europea subito dopo le elezioni Usa, come a rendere esplicito che le sorti del Continente dipendono dalle oscillazioni della politica americana. Ma ora, con la netta vittoria di Donald Trump, il rischio che il format pensato “per affrontare questioni di interesse comune e rafforzare la sicurezza, la stabilità e la prosperità del continente europeo” possa trasformarsi nel palcoscenico di profonde divisioni geostrategiche, appare praticamente una certezza. Una scommessa vinta, quella di Orban, da sempre fervido sostenitore di Trump e da sempre voce critica, se non vera e propria spina nel fianco, delle istituzioni europee. Tanto da attirarsi la definizione di “cavallo di Troia” di Vladimir Putin in Europa.

La quinta riunione della Comunità politica europea, piattaforma voluta dal presidente francese Emmanuel Macron all’indomani dell’invasione russa dell’Ucraina, si svolgerà giovedì alla Puskas Arena di Budapest, a cui seguirà, il giorno successivo, un Consiglio europeo informale dal quale si attende un “Nuovo patto europeo per la competitività” sulla base dei rapporti redatti dagli ex premier italiani Enrico Letta e Mario Draghi.

Al summit sono invitati 47 capi di Stato e di governo dei Ventisette e dei loro vicini, dalla Turchia, all’Ucraina, al Regno Unito (escluse Russia e Bielorussia). Unico assente ‘giustificato’, il premier spagnolo Pedro Sanchez, alle prese con il post alluvione nella Generalitat di Valencia. Le istituzioni Ue saranno rappresentate dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e dall’Alto rappresentante per gli affari esteri, Josep Borrell.

Se la precedente amministrazione Trump aveva destabilizzato non poco le relazioni politiche ed economiche transatlantiche, con i dazi imposti ad alcuni prodotti europei, lo spostamento dell’attenzione Usa verso il contenimento strategico della Cina, il disappunto mostrato verso i Paesi Ue che spendono poco per la difesa e non contribuiscono come potrebbero alla Nato, è sulla guerra in Ucraina che le divisioni tra Europa e Usa, e all’interno della stessa Ue, potrebbero assumere dimensioni rilevanti, avendo Trump promesso in campagna elettorale di porre fine alla guerra “entro 24 ore” dall’elezione, cosa che lascerebbe presagire un repentino disimpegno statunitense nei confronti di Kiev.

Non è un caso se stamane Orban (il quale aveva declinato, come slogan per il semestre di presidenza ungherese dell’Ue, il “Make America Great Again” di Trump in “Make Europe Great Again”) si è affrettato a dichiarare che la vittoria di Trump solleva la questione se l’Europa può continuare ad aiutare l’Ucraina da sola. “Per noi leader europei – ha sottolineato Orban al vertice dell’Organizzazione degli Stati turchi a Bishkek – la questione è se l’Europa da sola sia in grado di mantenere il sostegno finanziario e militare all’Ucraina che c’è stato finora. Ne dubito fortemente, quindi sarà necessaria una nuova strategia europea”.

Per scongiurare una fase di tensione con gli Usa e all’interno della stessa Ue, la presidente della Commissione Von der Leyen, congratulandosi con Trump, ha sottolineato che “Unione europea e Stati Uniti sono più che semplici alleati. Siamo legati da un vero partenariato tra i nostri popoli, che unisce 800 milioni di cittadini. Questo legame è profondo, radicato nella nostra storia comune, nell’impegno per la libertà e la democrazia e negli obiettivi comuni di sicurezza e opportunità per tutti. Lavoriamo insieme – è stato l’invito di Von der Leyen a Trump – a un partnerariato transatlantico che continui a dare risultati per i nostri cittadini”.

Stessa preoccupazione deve aver colto il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz, i quali, a risultati non ancora definitivi, hanno avuto un colloquio nel quale hanno concordato di “lavorare per un’Europa più unita, più forte e più sovrana. Lavoreremo – ha assicurato Macron su X – per un’Europa più unita, più forte e più sovrana in questo nuovo contesto. Cooperando con gli Stati Uniti e difendendo i nostri interessi e i nostri valori”.

Tornando alla riunione della Comunità politica europea, giovedì alle 10 è previsto l’arrivo delle delegazioni. Attesa anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, la quale con Trump, oltre a diverse affinità di carattere politico, ha in comune il fatto di avere un rapporto privilegiato con Elon Musk, primo sponsor del candidato repubblicano, che l’anno scorso fu ricevuto con tutti gli onori a Palazzo Chigi e poi fu addirittura ospite d’eccezione ad Atreju, la festa nazionale di Fdi.

La riunione della Comunità politica europea entrerà dunque nel vivo con una sessione plenaria sulle sfide alla sicurezza, seguita da quattro sessioni di discussione su migrazione sicurezza economica. I presidenti di ciascuna tavola rotonda riferiranno sulle discussioni nella seconda sessione plenaria, prevista nel primo pomeriggio. Intorno alle 17,30 la conferenza stampa del primo ministro ungherese Viktor Orban e del primo ministro dell’Albania Edi Rama, il cui Paese ospiterà la prossima riunione della Cpe.

Poi, giovedì sera, i leader europei si incontreranno di nuovo per una cena informale al Parlamento ungherese, dove si discuterà proprio dei risultati delle presidenziali Usa. E già qualcuno teme che Orban possa sfruttare l’occasione per una nuova provocazione contro l’Ue, magari un video collegamento con Trump.

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