L’iper-agitazione di Trump può avere un effetto ipnotizzante. E, come nel gioco delle tre carte, si rischia di perdere di vista la posta in gioco. Ma, se si prendono le distanze dalla frenesia degli annunci e delle smentite, è piuttosto evidente l’obiettivo per un’Europa che voglia mantenere i suoi punti di forza (livello di benessere e qualità dell’ambiente) e colmare le lacune (dispersione delle energie, mancanza di coesione, scarso sostegno alle imprese).
Pagare la tassa a Trump non elimina il problema, anzi aizza un continuo rialzo. A pochi giorni dalla capitolazione di von der Leyen nel resort di golf del tycoon, in Scozia, The Donald ha cambiato di nuovo le tre carte in tavola. Ha detto che sotto quella scelta dalla presidente della Commissione perché aveva visto Trump metterci sotto l’accordo, non c’è niente. Per continuare a giocare bisogna versare 600 miliardi di dollari. Pagare, alzare un’altra carta e vedere che succede.
Oppure? L’oppure, con un governo che vive all’ombra di Trump, viene da una fonte abitualmente piuttosto cauta, Confindustria. In un’intervista al Sole 24 ore, Giuseppe Pasini, presidente di Confindustria Lombardia e del gruppo siderurgico Feralpi, individua con chiarezza il punto critico dell’accordo scozzese: “Rischiamo di passare dalla dipendenza dalla Russia alla dipendenza dagli Stati Uniti”, mentre “l’Europa deve creare le condizioni per essere indipendente”.
E qui fondamentale è il fattore tempo. Nell’intervista non se ne parla, ma c’è una straordinaria coincidenza tra il timing climatico e il timing dell’indipendenza energetica dell’Europa. In entrambi i casi il momento giusto per partire è bello che passato. Ma agire ora è meglio che agire domani e molto meglio che agire dopodomani. Ogni giorno perso peggiora la situazione.
Del resto perché perdere tempo quando abbiamo la soluzione in casa? Lo ricorda Pasini: “L’accordo con gli Usa rischia di rallentare gli investimenti e l’impegno dell’Europa per la transizione energetica verso le rinnovabili. Dobbiamo invece accelerare questo processo, sburocratizzarlo, soprattutto in Italia”.
L’obiettivo è a portata di mano perché abbiamo i soldi da investire: l’associazione confindustriale Elettricità Futura, sotto la guida di Agostino Re Rebaudengo, aveva fatto i conti e si era dichiarata pronta a finanziare, senza chiedere un euro allo Stato, un rilancio delle rinnovabili molto consistente. E abbiamo la convenienza economica, perché questo passaggio della transizione energetica migliorerebbe la bilancia commerciale, l’occupazione e la sicurezza di approvvigionamento energetico per le imprese.
“Le tecnologie ci sono e anche le risorse”, conferma il presidente di Confindustria Lombardia. “La questione non è tecnica ma politica. È la politica che deve essere molto decisa sugli obiettivi da raggiungere, a prescindere dagli schieramenti, perché qui parliamo di una necessità del Paese. Le nostre imprese pagano l’energia a prezzi molto più alti rispetto alla media europea e questo mina la nostra competitività. In questo senso, l’accordo con gli Stati Uniti non aiuta, perché il Gnl americano ha un costo elevato e quindi non favorirebbe certo le aziende già gravate da una bolletta energetica, soprattutto elettrica, molto salata”.
Se vogliamo dare un giudizio tecnico, che prescinde dalle ideologie, dobbiamo prendere atto che l’unica soluzione che ha costi bassi, tecnologia matura, possibilità di ottenere energia sufficiente, prezzi competitivi e tempi brevi è basata su cinque elementi: fonti rinnovabili, storage, efficienza energetica, rete avanzata, smart grid.
Un governo che ignora l’importanza di questa sfida e la sua concretezza è un governo che fa del male al Paese.