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Documenti segreti accatastati in bagno: Trump rinviato a giudizio per la seconda volta

10.06.2023

La settimana scorsa gli avvocati di Trump avevano fatto un ultimo tentativo di derubricare il caso da penale ad amministrativo, consentendogli di uscirne con una multa. Il procuratore speciale Jack Smith li ha respinti. Ora Trump subisce quel che aveva elaborato contro Hillary Clinton sfruttando lo scandalo del server privato.

«Il mio governo applicherà tutte le leggi sulla protezione delle informazioni classificate. Nessuno sarà al di sopra della legge». Il presidente Joe Biden 2023, che mira a far fuori il concorrente Trump prima delle elezioni? No, è il candidato Donald Trump nel 2016, quando sfruttava lo scandalo del server privato di Hillary Clinton nella corsa alla Casa Bianca. È uno degli elementi che il procuratore speciale Jack Smith cita nel rinvio a giudizio di Trump per lo scandalo dei documenti segreti asportati dall’ex presidente e lasciati alla portata delle migliaia di frequentatori di Mar-a-lago. Trump, che rischia fino a 20 anni di carcere, prevede di consegnarsi alla polizia martedì 13 giugno per le formalità di rito, stabilendo così il primato di unico presidente arrestato due volte.

L’approvazione da parte del gran giurì – un minitribunale in qualche modo assimilabile al nostro Giudice dell’udienza preliminare – ha schiuso la vita al processo e scatenato il caos. Fiutando l’aria, la settimana scorsa gli avvocati di Trump avevano fatto un ultimo tentativo di derubricare il caso da penale ad amministrativo, consentendogli di uscirne con una multa. Smith li ha respinti. Ora James Trusty e John Rowley hanno rimesso l’incarico, lasciando tutto in mano a Todd Blanche. Per Trump la sfida sarà sostituirli in vista del processo che si svolgerà in un tribunale federale in Florida, lo Stato dove i documenti erano a disposizione di tutti.

Rispetto al processo per frode fiscale in corso a New York, il caso dei documenti è più serio e più chiaro. Come la stampa aveva riferito nei mesi scorsi, il materiale accantonato a Mar-a-lago (in un bagno, su un palcoscenico e in altri luoghi improbabili) comprende valutazioni delicatissime sulle vulnerabilità atomiche degli USA e di Paesi amici e nemici, la cui diffusione è ritenuta molto pericolosa. Ma c’è di più. La ricostruzione di Smith dimostra che Trump era consapevole di non poterli mostrare e di non averli declassificati mentre era presidente, così come di non averli mai voluti restituire e di aver falsamente dichiarato di averlo fatto. Si aggiunge così il capo d’accusa d’intralcio alla giustizia e falsa testimonianza. Se tutto questo era già noto, l’articolazione dell’accusa è secca, grintosa e documentata, mentre quella di New York dava una certa sensazione di arrampicarsi sugli specchi.

La vera novità è accusare Trump di «conspiracy», ovvero di aver agito in forma associativa. Il sistema, spesso usato contro la criminalità organizzata, consente di attribuire a tutti i partecipanti i fatti commessi da ciascuno di essi. In questo caso Trump avrebbe agito con Waltine Nauta, un collaboratore che lo ha seguito dalla Casa Bianca a Mar-a-Lago. La strategia sembra quella di spingere Nauta a un patteggiamento, inchiodando così il suo ex capo. Secondo Smith, sarebbe stato Nauta a mentire sul numero delle scatole di documenti e a spostarle prima dal salone da ballo al Business Center (marzo 2021), poi al bagno (aprile) e quindi al magazzino (maggio), dove si sarebbero aperte rovesciando sul pavimento i documenti segreti. Di tutto questo Smith allega le foto, avendo avuto cura di cancellare le persone e i documenti leggibili.

Smith ha detto di voler procedere presto e velocemente, anche per evitare di trasformare il processo in arma elettorale. I repubblicani hanno in gran parte condannato il rinvio a giudizio, ma si sono ben guardati dall’attaccare la fondatezza dell’accusa. Il primo giudice a occuparsi del caso è Aileen Cannon, nominata da Trump e già protagonista di decisioni a suo favore (puntualmente ribaltate in appello) durante le precedenti fasi dell’indagine di Smith. L’incertezza sul dibattimento è solo la prima di un processo che cambierà la storia giudiziaria USA – e forse anche quella politica.

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