15 Ottobre 2025
/ 15.10.2025

Trump vuole blindare l’industria fossile

Mentre decine di cause legali cercano di chiamare le compagnie petrolifere a rispondere dei danni climatici, l’amministrazione Trump tenta di proteggerle con leggi-scudo e di indebolire le agenzie ambientali federali

Negli Stati Uniti è in corso una silenziosa ma profonda battaglia giudiziaria che potrebbe ridefinire il rapporto tra giustizia, politica e clima. Decine di cause legali contro le grandi compagnie petrolifere stanno infatti accumulandosi nei tribunali statunitensi: dalle accuse di aver nascosto per decenni i rischi climatici del loro operato, fino ai danni economici e ambientali provocati dagli eventi meteorologici estremi.

Tutto nasce da un principio semplice, ispirato alle storiche azioni contro l’industria del tabacco negli anni Novanta: chi sapeva dei danni e li ha taciuti, deve risponderne. “Il problema per le compagnie petrolifere è che sanno di essere responsabili”, ha dichiarato Richard Wiles, presidente del Center for Climate Integrity, una Ong americana impegnata a portare le multinazionali del fossile di fronte alla giustizia. “La loro unica via d’uscita è ottenere una qualche forma di immunità, far sparire i casi e bloccare l’accesso ai tribunali”, ha aggiunto.

E proprio l’immunità legale sembra essere la nuova strategia del fronte conservatore. Con il ritorno al potere di Donald Trump, l’amministrazione repubblicana e diversi stati guidati dal suo partito stanno cercando di proteggere i giganti dell’energia da un’ondata di cause che potrebbe costare miliardi.

A giugno, 16 procuratori generali repubblicani hanno chiesto alla Casa Bianca di intervenire contro quella che definiscono una “guerra legale contro l’industria energetica”. Citando una legge del 2005 che protegge i produttori di armi dalle cause civili, propongono di estendere una simile “legge-scudo” ai produttori di petrolio e gas. L’obiettivo è impedire che Stati e città possano chiedere risarcimenti per i danni climatici.

Il Congresso, per ora, non ha approvato nulla, ma i segnali non mancano. Nella proposta di bilancio federale per Washington, ad esempio, è comparsa una clausola che vieta alla Capitale di usare fondi pubblici per citare in giudizio le compagnie petrolifere. Allo stesso tempo, una causa in Colorado contro la Suncor Energy è diventata terreno di scontro politico, con il Dipartimento di Giustizia e oltre 100 deputati repubblicani che hanno chiesto alla Corte Suprema di intervenire per fermare i “casi climatici”.

Dietro le quinte, anche influenti giuristi conservatori si sono mobilitati. John Yoo, ex consigliere legale di George W. Bush, ha invocato su Fox News la necessità di “riaffermare l’autorità federale” e limitare l’autonomia degli stati in materia ambientale. Intanto, le grandi compagnie – da ExxonMobil a Chevron, da Shell a Bp – tacciono, mentre il Dipartimento di Giustizia non rilascia commenti.

Ma la battaglia non si gioca solo nei tribunali. La nuova amministrazione Trump ha intrapreso una vera e propria controffensiva ambientale, volta a smantellare molte delle politiche climatiche adottate sotto Biden. La Environmental Protection Agency (Epa), per esempio, ha subito drastici tagli di bilancio e di personale, mentre i suoi poteri di regolamentazione sulle emissioni industriali e sull’inquinamento sono stati ridotti.

Allo stesso modo, il Dipartimento dell’Energia e la National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa), agenzie chiave nella ricerca climatica, stanno affrontando una revisione interna che, secondo molti analisti, rischia di ridurre la loro indipendenza scientifica. Le nomine politiche ai vertici di questi enti privilegiano figure scettiche sul cambiamento climatico o legate al settore fossile.

Trump, fedele al suo motto “drill, baby, drill (trivella, baby, trivella), ha riaperto aree protette alla perforazione, ridotto le restrizioni sulle trivellazioni offshore e promosso un massiccio ritorno al carbone, sostenendo che le energie rinnovabili sono “troppo costose e inaffidabili”. Un’agenda che, secondo gli osservatori, punta a riportare indietro di vent’anni la politica climatica americana, proprio mentre gli effetti della crisi si fanno più evidenti.

Contro questa tendenza, le amministrazioni locali cercano di resistere. L’associazione nazionale delle contee, che rappresenta oltre 3.000 giurisdizioni, ha approvato una risoluzione contro qualsiasi legge che limiti l’accesso ai tribunali o garantisca immunità alle aziende fossili. “Le comunità locali sono duramente colpite da eventi meteorologici estremi”, ha ricordato Brigid Shea, rappresentante della contea di Travis, in Texas. “Dobbiamo proteggere il nostro diritto a portare questi casi in tribunale: è il fondamento della nostra democrazia”.

Eppure, il futuro di queste cause resta incerto. Nessun processo si è ancora concluso, e la Corte Suprema, a maggioranza conservatrice, finora ha scelto di non intervenire. “Non c’è ancora stato un verdetto significativo”, ha commentato il giurista ambientale Pat Parenteau, secondo cui la Corte potrebbe finire per concedere l’immunità all’industria petrolifera. “Data la follia che regna attualmente in America, tutto è possibile”.

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