22 Dicembre 2024
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Cronaca, Esteri

“Truppe NATO in Ucraina”, il metalinguaggio di Emanuel Macron

02.03.2024

In quale contesto rientrano le interpretazioni dell’ultima uscita del Presidente francese che propone alla NATO un “indesiderato” scontro diretto con la Russia di Putin? Istinto di grandeur o necessità di dare in pasto all’opinione pubblica francese posizioni diverse da quelle dell’Alleanza Atlantica? La posizione dell’Italia a confronto.

Chi avrà più peso sugli scenari mondiali? Chi proteggerà chi? Con quali mezzi? A due anni dall’invasione dell’Ucraina, sono queste le domande di chi cerca di ricomporre il puzzle delle relazioni internazionali nella realtà e sui media. Nel primo caso, le tessere principali sono la Russia di Putin, gli USA di Biden, l’Unione Europea di von der Leyden, la NATO di Stoltenberg (e presto di Rutte); nel secondo, la Francia di Macron, come sempre alla ricerca di visibilità e di strumenti a sostegno della rivendicazione di una potenza autonoma sulla scena mondiale.

È in questo contesto che vanno lette le più recenti dichiarazioni del presidente francese sul possibile invio di forze NATO in Ucraina. Una mossa utile per il sostegno militare all’Ucraina, ma che porterebbe l’Occidente verso quello scontro diretto con la Russia che nessuno desidera. Poco importa che Macron non sia nuovo a questo genere di uscite, come quando nel novembre 2019 parlò di “morte cerebrale” della NATO o nella primavera 2022 insistette sulla necessità di lasciare una “via d’uscita” a Putin. E ancora meno conta che il primo ministro Gabriel Attal abbia subito dopo attaccato duramente Marine Le Pen, accusandola in parlamento di essere la quinta colonna russa in Francia. Per la classe politica francese, su tutto prevale la necessità di dare in pasto all’opinione pubblica posizioni diverse da quelle dell’Alleanza Atlantica, nella cui struttura militare è rientrata relativamente da poco, e dell’Europa, della quale la Francia si considera un membro “più uguale” degli altri.

Non si tratta, come avviene invece in Italia, dell’aspirazione a essere l’ago di una bilancia che appartiene ad altri, ma di quella di decidere quello che deve essere pesato. In questo senso, la Francia parla fuori dal coro perché deve far sentire di avere una propria voce. Non è un caso che il primo astronauta francese, Jean-Loup Chrétien, sia andato nello spazio nel 1982 e 1988 con i sovietici, smarcando così il primo Paese europeo per spesa spaziale dalla dipendenza dagli USA. Né è un caso che nel 2010 la Francia abbia venduto a Putin due navi portaelicotteri classe Mistral, contratto cancellato sotto forti pressioni internazionali solo dopo l’invasione della Crimea. Nel nuovo quadro internazionale, gli ammiccamenti alla Russia per controbilanciare la potenza USA sono però difficili da proporre, anche a fronte dell’ingresso in Europa dei Paesi dell’ex sfera sovietica, comprensibilmente sospettosi nei confronti delle aperture verso Est. Ed ecco quindi che invocare l’intervento diretto serve a sottolineare la volontà della Francia di prendere la direzione opposta alla NATO. “Boots on the ground”, cioè soldati sul terreno, non li vogliono mettere né gli USA, alle prese con un delicatissimo momento elettorale, né l’Europa meridionale, preoccupata per la possibile esplosione del Medio Oriente, né quella settentrionale, minacciata direttamente dalla Russia.

Di qui la raffica di “no” che ha accolto l’uscita di Macron, ma anche la conferma delle difficoltà di costruire un’Europa con una visione comune delle sfide alla propria sicurezza e di come rispondervi in modo fermo senza essere provocatorio, efficace senza diventare velleitario. Fino a che punto la Francia sarà disposta a farlo?

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