In un’economia che nel 2025 procede a passo corto, il turismo italiano dà una mano a tenere in piedi la crescita. È il quadro che emerge dalle ultime analisi del Centro studi di Confindustria, secondo cui il comparto continua a svolgere un ruolo di stabilizzatore macroeconomico, compensando la debolezza di altri settori produttivi.
Il dato che più colpisce riguarda la spesa dei viaggiatori stranieri, stimata a fine anno intorno ai 57 miliardi di euro, in aumento rispetto al 2024. Un flusso che si traduce in un saldo turistico ampiamente positivo – circa 23 miliardi di euro nel 2025 – e che contribuisce in modo diretto alla tenuta della bilancia dei pagamenti italiani. In altre parole, mentre l’export rallenta e i consumi interni restano prudenti, è il turismo internazionale a portare ossigeno ai conti del Paese.
Il parere di Confindustria
A rendere ancora più interessante il quadro è il fatto che questa crescita non è legata a un boom degli arrivi. Al contrario, nel 2025 il numero complessivo dei turisti è stimato in lieve calo rispetto all’anno precedente. A salire sono invece le presenze, cioè le notti trascorse, che toccano un nuovo massimo storico: 476 milioni. Il motivo è l’aumento della permanenza media, soprattutto da parte dei visitatori stranieri. Meno turismo “mordi e fuggi”, più soggiorni lunghi, più spesa distribuita sul territorio.
È una dinamica che Confindustria legge come un segnale strutturale. Nella congiuntura flash dedicata al settore, gli economisti sottolineano che “le analisi statistiche dimostrano che il turismo in Italia rappresenta una fetta significativa di Pil e occupati” e che negli ultimi anni “la sua crescita ha puntellato la dinamica per altri versi anemica dell’economia italiana”. Una funzione anticiclica che oggi appare ancora più evidente.
La presidente di Federturismo, Marina Lalli, commentando i dati, ha parlato di un settore che va ben oltre il tempo libero, sottolineando che il turismo “continua a generare valore, sostenendo la domanda internazionale e consolidando l’attrattività dell’Italia come destinazione globale”. Un’affermazione che fotografa bene il momento: la domanda c’è, ed è solida, soprattutto dall’estero.
Occhio ai prezzi
Non mancano però gli elementi di attenzione. L’aumento della spesa turistica è spiegato anche dall’andamento dei prezzi, che nel 2025 crescono più della media dell’inflazione. I servizi di alloggio e ristorazione registrano rincari superiori al 3%, così come musei, parchi e attrazioni culturali. Per ora la domanda regge, ma il tema della competitività resta aperto, soprattutto in un contesto internazionale in cui nuove destinazioni crescono a ritmi molto più rapidi.
In chiusura, uno sguardo indietro aiuta a leggere il trend. I dati Istat sul 2024 avevano già segnalato un recupero pieno rispetto al periodo pre-pandemico, con un picco di arrivi e una forte concentrazione delle presenze nelle città d’arte e nel Nord del Paese. Il 2025 non replica quel record sugli arrivi, ma ne rafforza la qualità economica: meno quantità, più valore.
Ed è forse questo il dato politico ed economico più rilevante. Il turismo italiano non cresce perché arrivano masse sempre più grandi, ma perché chi arriva resta di più e spende di più. Finché questo equilibrio tiene, il settore continuerà a fare da paracadute all’economia nazionale. Ma per mantenerlo serviranno investimenti, qualità dell’offerta e una strategia che guardi oltre il prossimo ponte festivo.
