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“Tutti per uno”, un patto che si rinnova

04.04.2024

Dopo un lungo “letargo”, l’orso russo si risveglia e risveglia con sé i vecchi timori di un’alleanza che oggi compie 75 anni. Il Patto Atlantico fu la risposta al rapido deteriorarsi dei rapporti fra due vincitori uniti contro il nazismo, ma che si sono trovati davanti a un muro di incomprensioni nella visione politica e culturale: URSS e USA.

La NATO ha compiuto 75 anni. Fu, infatti, il 4 aprile 1949 che 12 nazioni, tra le quali l’Italia, firmarono a Washington il Patto Atlantico, l’accordo di difesa collettiva concepito per proteggere l’Europa occidentale dall’espansionismo sovietico. Fulcro del Patto era la promessa di aiuto reciproco: come i Tre Moschettieri, gli aderenti dichiaravano di considerare come portato a tutti l’attacco contro anche uno solo di essi e si impegnavano a intervenire in sua difesa. Il Patto Atlantico, al quale nel 1950 seguì come braccio militare la NATO, nasceva in risposta al rapido deteriorarsi dell’alleanza che aveva vinto la Seconda guerra mondiale. Nonostante la nascita nel 1945 delle Nazioni Unite, la diversa cultura politica di USA e URSS aveva presto messo le due potenze in rotta di collisione su numerosi versanti, dalle elezioni nei Paesi dell’Europa orientale al blocco di Berlino iniziato il 28 giugno 1948, dalla guerra civile in Grecia al rifiuto degli aiuti del Piano Marshall.

I timori sulle intenzioni sovietiche espressi dall’ambasciatore Kennan nel leggendario “telegramma lungo” del 1946 si tradussero così nella necessità di garantire l’indipendenza dell’Europa Occidentale con un meccanismo che impedisse all’URSS di conquistarla un Paese per volta, con la “politica del carciofo” già usata con successo da Hitler. Bisognava presentare un fronte comune. Per l’Italia l’adesione alla Patto Atlantico fu indubbiamente una scelta di campo che confermava la direzione già indicata dalle elezioni del 18 aprile 1948. Ma ebbe anche un altro e ben più importante significato: quello del rientro sulla scena internazionale dalla quale era stata esclusa prima nel 1945, negandole l’ingresso nell’ONU, e poi nel 1947, con l’inevitabilmente punitivo Trattato di pace di Parigi. Con la NATO il Paese veniva assolto dal duplice ruolo di aggressore nel 1940-41 e sconfitto nella Seconda guerra mondiale. Meglio ancora, era riammesso nel mondo occidentale al quale aveva sempre appartenuto, anche con qualche velleità di protagonismo, e decadevano le clausole più restrittive di Parigi. Non era un risultato scontato: fu solo grazie alla mediazione francese che fu superata l’opposizione della Gran Bretagna, inizialmente contraria a rimettere in gioco un potenziale concorrente nel Mediterraneo. La stessa agognata ammissione alle Nazioni Unite giunse solo nel 1955.

A 75 anni dalla sua nascita, l’aggressione russa all’Ucraina ha rivitalizzato un’alleanza che negli ultimi decenni aveva sofferto una forte crisi d’identità. Nel 1989-91 la caduta del Muro di Berlino e dell’URSS avevano fatto venir meno molte delle sue ragioni d’essere, né la graduale trasformazione della NATO da alleanza difensiva in strumento operativo dell’Occidente trovava tutti consenzienti. Ancor prima della ventata isolazionista di Donald Trump, gli USA avevano iniziato a sollevare dubbi sull’obbligo di difendere un’Europa sempre più “gigante economico, nano militare”. Inevitabile o meno, l’allargamento della NATO ha infine riportato il baricentro verso Est, dov’era all’inizio, e riproposto i timori sulle visioni imperiali della Russia. Dopo 75 anni, le lancette hanno chiuso il cerchio per tornare al punto di partenza.

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