21 Novembre 2024
Milano, 5°

Cronaca, Lavoro

UE contro il lavoro atipico nel Bel Paese

14.11.2024

Forme contrattuali instabili in netto aumento, diffuse soprattutto nella fascia 18-29 anni. La tendenza è nata negli anni Novanta e cresciuta nel corso dell’ultimo decennio dal 18,7% al 43,5%. Dura posizione della Commissione europea: disuguaglianza e volatilità delle retribuzioni annuali; serve più stabilità. L’indagine

È vittima di forte staticità il panorama lavorativo italiano, con un mercato caratterizzato da una forte instabilità occupazionale, soprattutto per i giovani. Se dieci anni fa il 10,6% degli inoccupati riusciva a entrare o rientrare nel mercato del lavoro nel giro di 12 mesi, nel 2021 questo è stato un privilegio concesso solo allo 0,4% di coloro che si trovano in uno stato di inattività.

A complicare il quadro, poi, l’aumento dei contratti atipici: secondo i dati più recenti messi a disposizione dall’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche, nel corso dell’ultimo decennio sono aumentate dal 18,7% al 43,5% le forme contrattuali non tradizionali. E tra contratti intermittenti, a breve termine o stipulati con accordi formali, ecco un progressivo spostamento verso forme di lavoro meno tutelate e più precarie. Il che, nella maggior parte dei casi, rischia di trasformarsi in un ostacolo per costruire una carriera stabile. Nello specifico, la diffusione dei contratti atipici colpisce in modo significativo la fascia 18-29 anni: durante l’indagine di INAPP, il 50% dei giovani ha dichiarato di ricevere offerte di lavoro di breve durata o sottopagate, mentre il 45% vive il cosiddetto sotto-inquadramento, ossia lo svolgimento di mansioni che non rispecchiano il proprio livello di formazione. Ancora, a limitare le prospettive dei lavoratori è la durata dei contratti: nel 2022, solo il 39% dei contratti stipulati aveva una durata di almeno 12 mesi, mentre il 32,7% ha chiuso accordi della durata inferiore di 6 mesi e il 19,5% è stato assunto per un periodo massimo di tre mesi.

In questo scenario, è fortemente critica anche la posizione della Commissione europea, che nella sua analisi sulla convergenza sociale del Paese ha sottolineato come questa tendenza dei contratti atipici sia in forte crescita, già a partire dagli anni Novanta e che, nonostante alcuni piccoli miglioramenti registrati nel corso del 2023, il nostro Paese rimane tra quelli con le quote più alte di contratti a termine. «L’elevata incidenza di forme di lavoro non standard ha portato a un calo del numero di settimane lavorate all’anno e contribuisce a un’elevata disuguaglianza e volatilità delle retribuzioni annuali» si legge nel documento della Commissione europea. Dunque, se in termini assoluti i numeri sull’occupazione italiana per quest’anno presentano un saldo positivo, lo sguardo d’insieme però suggerisce un panorama più critico, costellato da annose questioni che generano instabilità e disuguaglianze. E la strada per una parità sociale e salariale tra i lavoratori è ancora in salita.

Condividi