21 Novembre 2024
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Ambiente, Cronaca, Sostenibilità

UK, la decarbonizzazione dove tutto ebbe inizio

22.10.2024

La centrale termica a carbone Ratcliffe on Soar vicino a Nottingham, Regno Unito. Generatore attivo a causa del freddo estremo e del fabbisogno energetico critico.

Si spegne l’impianto che, di fatto, diede alla rivoluzione industriale la svolta definitiva nel 1882. Emblematico che l’inizio della fine per il carbone parta proprio lì, in Gran Bretagna, che decide di essere ancora primo tra i Paesi G7 a cominciare la nuova epoca per generare energia elettrica pulita. Dettagli sull’iniziativa italiana.

La decarbonizzazione a livello globale prosegue senza sosta, ma in tal senso è particolarmente importante e per certi versi simbolico scoprire chi quest’anno ha deciso di prendere radicali provvedimenti. Si tratta della Gran Bretagna, il Paese da cui tutto partì. E che, invece, nel 2024 ha deciso di smantellare la sua ultima centrale a carbone in attività: è il primo Stato membro del G7 a farlo.

A spegnere definitivamente le proprie luci è stata la centrale di Ratcliffe-on-Soar, nel Nottinghamshire, inaugurata nel 1967 e quindi attiva ininterrottamente per 57 anni. Si trattava dell’ultima erede della storica Holborn Viaduct Power Station, inaugurata nel lontano 1882 nientemeno che dalla Edison Electric Light Company di Thomas Edison: l’impianto che di fatto diede alla rivoluzione industriale la svolta definitiva. A Ratcliffe-on-Soar si è incentrata per decenni buona parte della produzione britannica di energia: basti sottolineare che la struttura dispone di un camino alto 199 metri e che le sue otto torri di raffreddamento hanno dimensioni simili a quelle di palazzi di 12 piani. A ciò vanno ovviamente di pari passo però emissioni che nel picco della produzione (raggiunto nel 2009) arrivarono a 10 milioni di tonnellate di CO2 in un anno: in pratica, l’equivalente di 2 milioni di automobili.
Anche per questo è storica la sua chiusura, ma ancora di più lo è l’addio alle centrali a carbone dell’intera Gran Bretagna: uno Stato che, appena negli anni ’80, vedeva addirittura l’80% della propria produzione elettrica nazionale coperto da energia ricavata dal carbon fossile (ancora nel 2012 le percentuali arrivavano al 40%). Oggi, invece, si chiude tutto: la dismissione è iniziata il 1° ottobre e sarà conclusa una volta per tutte nel giro di due anni.

E l’Italia? Il nostro territorio non è ancora arrivato al punto dei britannici, ma non ci è lontano. Nel 2023 la nostra produzione di elettricità derivante dal carbone ha di poco superato il 5% (la Germania era ancora al 27%) e le centrali attive sono rimaste appena quattro: quella di Torrevaldaliga Nord a Civitavecchia, la “Federico II” a Brindisi, la “Grazia Deledda” a Portoscuso (nei pressi di Carbonia, in Sardegna) e quella di Fiume Santo a Porto Torres. Proprio nel 2023 aveva chiuso la veneziana “Andrea Palladio”, mentre nel 2021 era toccato alla «Eugenio Montale» a La Spezia. Ancora più recente lo smantellamento della produzione di carbone alla centrale di Monfalcone: è avvenuta ad aprile 2024.

L’idea è quella di dire addio al carbone anche in Italia già nel 2025 per le due centrali della Penisola e nel 2027 a quelle che sono operative in Sardegna. Ben prima, quindi, rispetto alla già citata Germania (che punta al 2038) ma anche a un Paese attento ai temi ambientali come il Canada (2030). Nel 2023 ancora il 35,5% dell’energia elettrica mondiale proveniva dal carbone, di cui tuttavia oltre il 75% era prodotto da soli quattro Paesi: Cina, India, Stati Uniti e Giappone. La Gran Bretagna da questa partita si è nel frattempo già tirata fuori, ma anche a noi manca davvero poco.

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