11 Agosto 2025
/ 31.07.2025

Un decreto contro l’ecomafia

Pene più severe per chi inquina, strumenti più efficaci per contrastare gli ecocriminali e colpire chi devasta il territorio

Pene più severe per chi inquina, strumenti più efficaci per contrastare gli ecocriminali e colpire le imprese che devastano il territorio e che non lo bonificano. E per chi mette a rischio la vita delle persone e l’integrità degli ecosistemi. Previsti l’arresto in differita, operazioni e agenti sotto copertura, amministrazione giudiziaria dei beni degli inquinatori. È quanto prevede il decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri di mercoledì 30 luglio.

Definito “decreto Terra dei fuochi” in realtà di specifico sul territorio tra le province di Napoli e Caserta ci sono solo i 15 milioni destinati al commissario straordinario per la bonifica, generale Giuseppe Vadalà. Mentre il decreto legge interviene su tutta una serie di illegalità in tema dei rifiuti che colpiscono tante “terre dei fuochi italiane”. E accoglie molte delle richieste e proposte avanzate in questi anni dal mondo ambientalista. Infatti Legambiente definisce il provvedimento “una svolta importante nella lotta al mercato criminale dei rifiuti. Vengono recepite le richieste fatte da Legambiente nel Rapporto Ecomafia, anche per le sanzioni alle imprese”. Meno soddisfazione su quanto previsto per la Terra dei fuochi: “Chiediamo più coraggio, con maggiori risorse oltre ai 15 milioni assegnati”.

I tre assi del provvedimento

Tre gli assi importanti del decreto legge: le modifiche al Testo unico ambientale sui reati nella gestione di rifiuti; quelle al Codice penale e di procedura penale, al Codice antimafia e della strada, alla legge 231 in materia di reati ambientali; la destinazione di 15 milioni di euro per il 2025 per gli interventi di bonifica nella Terra dei fuochi. In particolare diventano delitti, e non più solo illeciti amministrativi, l’abbandono di rifiuti con rischi per l’ambiente e la salute delle persone, la realizzazione di discariche abusive, le spedizioni illegali di rifiuti. Scattano anche le aggravanti per il delitto di attività organizzata di traffico illecito di rifiuti, che se crea pericoli per l’ambiente o la salute delle persone può arrivare a pene fino a 9 anni di reclusione. E vengono inserite le sanzioni per le imprese e gli enti responsabili di omessa bonifica e impedimento al controllo, finora non previste.

Norme necessarie di fronte all’incremento dei reati nel ciclo illegale dei rifiuti, come sottolinea Enrico Fontana, responsabile dell’Osservatorio nazionale Ambiente e legalità di Legambiente. “Nel 2024 questi reati sono aumentati del 19,9% rispetto al 2023, quando avevano registrato un’impennata del 66,1%, anche per un diffuso senso di impunità.  Ora gli illeciti che sono alla base di queste attività criminali (art. 255 bis, 255 ter, 256 e 256 bis, 258 e 259 del Testo Unico ambientale) diventano finalmente delitti”.

La posizione di Legambiente

Una soddisfazione espressa anche dal presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani: “Le modifiche di carattere normativo introdotte dal decreto sono quelle che chiediamo da tempo per contrastare con più efficacia il vero e proprio mercato criminale dei rifiuti nel nostro Paese. Aggiungiamo, così, un altro tassello importante con la riforma di civiltà approvata 10 anni fa con la legge 68”. La tanto attesa norma che finalmente ha introdotto gli “ecoreati” nel Codice penale.

I nuovi delitti sono esclusi da quelli per cui si possono applicare le misure previste nel caso di particolare tenuità del fatto (art. 131-bis). Scatta per l’inquinamento ambientale, il disastro ambientale, l’attività organizzata di traffico illecito di rifiuti, i traffici di materiali ad alta radioattività e i nuovi delitti in materia di gestione illecita di rifiuti la possibilità regolata dall’art. 382 bis del Codice penale del cosiddetto “arresto in differita”.Per gli stessi reati viene prevista lapossibilità di svolgere operazioni di polizia giudiziaria sotto copertura e vengono inseriti tra quelli per cui il tribunale può decidere l’amministrazione giudiziaria dei beni, se non ricorrono gli estremi per le misure patrimoniali (sequestro e confisca).

Sempre in chiave investigativa è prevista la possibilità di avvalersi dei dati contenuti nella Carta nazionale dell’uso del suolo dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) che presenta vantaggi significativi sul piano tecnico, giuridico e istituzionale, in quanto strumento digitale avanzato, costruito mediante analisi di ortofotografie ad alta precisione, dati multi-temporali provenienti dai satelliti del programma Sentinel, e aggiornamenti sistematici su base triennale.

Rafforzate le pene sull’abbandono dei rifiuti

Vengono inoltre rafforzate le pene per l’abbandono e la gestione non autorizzata di rifiuti, con misure accessorie come la sospensione della patente, il fermo del veicolo e la cancellazione dall’Albo dei gestori ambientali per le imprese non in regola. Per contrastare l’abbandono di rifiuti da veicoli, anche quelli di piccola entità, sarà possibile utilizzare anche immagini di videosorveglianza.

Importanti anche le modifiche alla legge 231 del 2001 sulla responsabilità amministrativa delle imprese, sia per quanto riguarda le sanzioni e i reati previsti dall’art. 25-undecies, introdotto nel 2015 insieme ai delitti ambientali nel Codice penale, sia con l’inserimento dei nuovi delitti del Testo unico ambientale in materia di gestione illecita di rifiuti. Vengono inasprite le sanzioni per quelli già previsti e sono inserite sanzioni per il delitto di omessa bonifica (art. 452 terdecies) finora escluso, nonché quello di impedimento al controllo (art. 452 septies).

Critico, invece, il commento di Legambiente alla parte che prevede 15 milioni di euro da investire nelle prime attività di rimozione dei rifiuti e avvio della bonifica. “Al governo chiediamo su questo punto più coraggio e soprattutto maggiore programmazione – afferma Mariateresa Imparato, presidente di Legambiente Campania – la stessa relazione del Commissario Vadalà contiene indicazioni precise, con il 90% delle bonifiche ancora da fare e investimenti per diversi miliardi di euro nell’arco dei prossimi anni. Al governo chiediamo di fare proprie, già in sede di conversione in legge di questo decreto, le proposte che abbiamo avanzato con la campagna Ecogiustizia subito, promossa insieme ad Acli, Agesci, Azione cattolica, Arci e Libera, a partire dall’accelerazione seria, efficiente ed efficace delle bonifiche, con la partecipazione attiva dei cittadini e delle associazioni, fino alla chiusura del ciclo dei rifiuti con impianti di economia circolare. Non servono provvedimenti a spezzatino per rispettare quanto previsto dalla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo ma una strategia che garantisca interventi sistematici e globali”.

“Un altro mattone”

Dal commissario Vadalà viene l’invito “a lavorare sullo smaltimento illecito ancora in corso che deve essere bloccato. Per questo il decreto legge è un altro mattone, le sanzioni sono importanti, sia in campo penale e amministrativo per contrastare i reati ambientali e restituire legalità ai territori colpiti da roghi e traffici illeciti di rifiuti, tutelando la salute pubblica e l’ambiente”. Sottolinea in particolare “l’arresto in flagranza differita, anche con l’uso delle telecamere di videosorveglianza, uno strumento contro chi scarica rifiuti pericolosi. Al di là delle bonifiche che abbiamo iniziato a fare, così si danno gli strumenti alle forze dell’ordine e alla magistratura per intervenire, strumenti che presentano maggiori rischi per chi sporca l’ambiente e vuole minare la salute delle persone”. Sul fronte dei fondi ricorda infine che tra i poteri attribuiti al Commissario unico è compresa l’azione di rivalsa e di recupero delle somme spese nei confronti dei responsabili individuati.

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