L’estate 2025 è già una delle più costose di sempre per l’Europa. Tre mesi di caldo eccezionale, siccità diffusa e piogge torrenziali hanno colpito un quarto delle regioni europee, lasciando un conto economico che viene stimato in 43 miliardi di euro prima che la stagione sia conclusa. Entro il 2029 i costi saliranno a 126 miliardi, pari a circa lo 0,8% della ricchezza annuale prodotta dall’Unione europea.
La cifra emerge da uno studio firmato da Sehrish Usman dell’Università di Mannheim, insieme a due economisti della Banca centrale europea, destinato a essere pubblicato sulla rivista European Economic Review. È una valutazione che non guarda soltanto ai danni materiali – strade distrutte, raccolti persi, edifici allagati – ma all’impatto complessivo sulla capacità produttiva dei territori colpiti.
Il paragone con i dati assicurativi mostra l’ampiezza del fenomeno: nel 2024, secondo Swiss Re, tutte le calamità naturali in Europa avevano causato perdite per 31 miliardi. L’estate 2025 ha già superato quel dato in soli tre mesi. La spiegazione è che gli eventi estremi non colpiscono solo i beni materiali, ma hanno un effetto a catena che si ripercuote sulla produttività, sui consumi e persino sull’inflazione. Una giornata di lavoro persa per il caldo, una filiera agricola bloccata dalla siccità o un turismo frenato dalle alluvioni finiscono per pesare quanto – e spesso più – di un’infrastruttura danneggiata.
Mediterraneo in prima linea
Le perdite maggiori si concentrano nel Mediterraneo. Spagna, Italia e Francia guidano la classifica dei danni con oltre 30 miliardi a Paese da qui al 2029. In Spagna, colpita da una siccità senza precedenti, i danni equivalgono al 2,4% del Pil previsto, con regioni come l’Andalusia e la Castiglia ridotte allo stremo. In Francia il conto è di 10 miliardi già quest’anno e quasi 34 tra quattro anni, con il Sud teatro di ondate di calore record e incendi estesi.
Per l’Italia i numeri sono altrettanto pesanti: 11,9 miliardi nel 2025 e 34,2 miliardi nel 2029, pari all’1,75% della ricchezza nazionale. La Lombardia è l’esempio più evidente: a luglio e ad agosto, nubifragi e alluvioni hanno paralizzato Milano e le province circostanti, con perdite stimate in 2,5 miliardi quest’anno e 7,65 miliardi a medio termine.
L’Est più fragile
Ma la mappa della vulnerabilità non si ferma al Mediterraneo. Lo studio mostra che i Paesi dell’Est europeo rischiano ancora di più in proporzione al loro Pil. La Grecia vedrà andare in fumo quasi il 3% della sua economia entro il 2029, la Bulgaria e Cipro poco meno, la Romania oltre l’1%. In questi Paesi l’effetto combinato di siccità prolungata e scarsa copertura assicurativa rende gli shock climatici devastanti.
Anche Malta si trova in prima linea: è esposta a fenomeni estremi che in pochi anni potrebbero ridurre la sua produzione di quasi il 3%. Qui, come in altri Stati insulari, la scarsità d’acqua e la dipendenza dall’importazione di beni essenziali amplificano l’impatto delle crisi ambientali.
Alluvioni al Nord
Non solo Sud ed Est: il Nord Europa non è immune. La Germania nord-orientale ha registrato perdite significative con le alluvioni in Meclemburgo-Pomerania, dove in un’ora è caduta la pioggia di due settimane. Anche Danimarca, Slovenia e Austria hanno subito danni consistenti.
Gli autori dello studio avvertono che i loro calcoli sono “probabilmente conservativi”. Non tengono conto degli incendi che hanno devastato un milione di ettari in Europa, né dei danni da grandine e vento che hanno segnato l’estate. Né riescono a misurare pienamente gli effetti combinati di siccità e ondate di calore, sempre più frequenti. In altre parole, il conto finale rischia di essere più alto.