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Cronaca, Esteri

Università americane, Vietnam 2?

03.05.2024

23 aprile 2024 - Manifestanti filo-palestinesi si sono riuniti presso l'Università del Minnesota in seguito all'arresto di studenti alla Columbia University. Alcuni hanno allestito campi per la protesta a lungo termine.

Il caos amato da Trump o le strategia rassicurante del “vincere senza stravincere”, adottata da Biden? L’America vive il revival dei tempi del Vietnam riscontrandosi con i propri valori. Chi ne trae vantaggio? Analisi approfondite.

Gli americani hanno «il diritto di protestare, ma non quello di creare il caos». Così Joe Biden ha commentato i disordini nelle università degli Stati Uniti, che hanno già portato al fermo di oltre 2.000 persone. La frase descrive bene l’ennesima sfida che il presidente deve affrontare in vista delle elezioni del prossimo novembre: vincere senza stravincere, per rassicurare i moderati senza alienarsi i progressisti e tenere insieme le due anime di un partito democratico sempre più spaccato.

La crisi, innescata dai picchettaggi di solidarietà con i palestinesi alla Columbia University di New York, si è rapidamente trasformata in occupazioni, allargandosi all’intero Paese. Di pari passo è cresciuta la violenza, prima con il blocco fisico dell’accesso per gli studenti e docenti riconoscibilmente ebrei e poi con danni di vario genere agli edifici. È su questo sfondo che molte università hanno chiesto l’intervento della polizia per sgombrare gli occupanti. I fermi, che in USA chiamano “arresti”, hanno permesso di accertare che molti degli occupanti non avevano alcun legame con le università. Secondo la polizia di New York, dei 112 arrestati alla Columbia ne sono risultati esterni 32, mentre al City College gli interni erano 68 e gli esterni 102. La domanda successiva, al momento senza risposta, riguarda la possibilità che le occupazioni siano state orchestrate o gestite da altri Paesi.

Biden ha escluso che per sgomberare i campus si possa fare ricorso alla Guardia Nazionale, come ai tempi della guerra in Vietnam. L’idea, comprensibile, è evitare scontri armati con vittime, come accadde nel 1970 alla Kent State University, nell’Ohio. In realtà la situazione è più ambigua: in tempo di pace la Guardia Nazionale dipende dai governatori dei singoli Stati, che la impiegano normalmente per ordine pubblico e protezione civile. Il comando viene trasferito alle autorità federali – cioè al presidente – solo quando i reparti vengono mobilitati. In ogni caso, il governatore di New York ha escluso di usare la Guardia contro le università. Così pure nella capitale federale, dove la Guardia dipende addirittura dal Congresso, sinora c’è stato divieto assoluto di impiego alla George Washington University.  Oltre a voler evitare lo spargimento di sangue, Biden teme probabilmente che il pugno di ferro finisca per avvantaggiare Trump, la cui narrativa elettorale è quella di un Paese fuori controllo nel quale comandano le gang – o, in questo momento, gli studenti estremisti. A rinforzare la posizione repubblicana concorrono gli autogol comunicativi degli occupanti della Columbia, come la richiesta di ricevere pasti e bevande dalla mensa universitaria o addirittura di annullare gli esami per stress emotivo. Rinforzando l’idea di una generazione woke, termine intraducibile che indica la correttezza politica all’ennesima potenza, tutto questo porta altra acqua al mulino conservatore.  Per evitare questo scenario che il presidente deve riuscire a riportare l’ordine nelle università senza punire gli studenti, molti dei quali già freddini verso i democratici per l’appoggio a Israele. Biden lo ha ben chiaro. Gli studenti e i loro burattinai molto meno.

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